sabato 24 novembre 2012

Campioni senza Valore di Daniele POTO

SPIRIDON nr.186 - pag.02
Recupero un pezzo dalla rivista SPIRIDON (vd. @PieroGiacomelli) già presentata nel post 05/04 - uno dei più belli, vari e impegnati che abbia mai scritto. Dopo l'autopromozione per un retrolink, ecco 4'000 brillanti battute di Daniele POTO, giornalista vero, che riprende il titolo di un precedente libro di Sandro DONATI per lanciare l'ultimo "Lo sport del doping". Sembrano tanto brutti gli anni ottanta e forse sono peggiori i nostri, magari rivisti fra altrettanto tempo. Mi auguro che tutto serva per un futuro migliore o almeno più consapevole.

Caro Direttore,
conservo con orgoglio in un angolo della mia biblioteca sportiva il libro “Campioni senza valore” scritto da Sandro Donati negli anni ruggenti del doping e, miracolosamente sfuggito alla censura nebioliana. L’ex presidente della Fidal infatti, conscio della pericolosità distruttiva del pamphlet, cercò di requisirne il maggior numero possibile di copie facendone incetta sul mercato. E dunque il testo figurò come un samidzat neanche Donati, il piccolo grande uomo, fosse Solgenitsin. In quegli anni ero in buonafede ma ingenuo e un nuovo mondo mi si disvelò con le rivelazioni sul salto truccato di Evangelisti all'altezza dei mondiali del 1987, un appassionante giallo a puntate con precisi colpevoli, figlio di un sistema che era talmente potente da potersi permettere anche l’indicibile ...

Donati torna a quegli anni con un nuovo libro sulla sua materia preferita, per la quale collabora con la Wada, con Libera e con il Gruppo Abele. La distanza considerevole da quegli anni non ne attenua lo scandalo. Rileggendo le bozze di “Lo sport nel doping” bisognerebbe predisporsi a quella revisione critica che ci impedisce di scrivere: “Felice quegli anni…”. Erano le stagioni delle medaglie di plastica, degli ori olimpici, dei primati mondiali con dissacrante spregio dell’etica del fair play. La stessa “distruzione” del ciclismo scientificamente operata da un grande campione come Armstrong potrebbe rivivere nell'atletica con il felice ripasso di Donati. Con pagine che gli addetti ai lavori si berranno in cerca di verità. Quando una coppia di volenterosi fondisti siciliani come i fratelli Selvaggio poteva sognare le Olimpiadi, migliorando di 30-40 secondi il proprio potenziale da 14’ sui 5.000 che al massimo avrebbe consentito un successo in un campionato regionale.


Le sintesi e le ricostruzioni evidentemente fanno male se Manuela Di Centa ha deciso di querelare Donati e non è escluso che tra qualche tempo lo faccia anche qualcuno del mondo dell’atletica. Erano anni in cui nessuno era vergine, meno che mai i responsabile dei lanci italiani ma in cui qualche cherubino iconoclasta come Donati, Vittori, Barletta, De Luca, cercava di difendersi dal doping elevato a compiacente sistema di Stato con il conforto in Parlamento di una solida lobby politica. C’eravamo anche noi giornalisti nella ricca era del Nebiolo-style. E con diverso senso critico. Ricordo con affetto il mio collega Dino Pistamiglio che, ogni tanto, lanciava frecciate acuminate alla Fidal, pur essendo piemontese e pure geograficamente contiguo a Nebiolo. Il fatto stesso che il libro faccia discutere e polemizzare significa che quegli anni e quella revisione ancora non sono state ultimate e dobbiamo ancora metabolizzare la vera storia dell’atletica, ovvero quello che ci è successo. Purtroppo alcuni record campeggiano ancora nell'albo dei primati e mai saranno rimossi.


E qui c’è tanto mondo, non solo Italia. L’atletica, sport di precisione, ha azzerato Ben Johnson ma non la Griffith e tanti di quella sua scuola farmacologica. Basterebbe circoscrivere alcuni punti per la nostra memoria. Che, ad esempio, l’Olimpiade del 1984 per la squadra azzurra è stata la più “dopata” della storia con un carico emotrasfusivo decisivo. Che i personaggi di quel milieu sono ancora attivi e operanti se il principale discepolo di Conconi Michele Ferrari è stato accostato al nome del marciatore Schwazer (e non solo) nel mondo dell’atletica. Quegli infelici anni ’80 erano le stagioni in cui (e Donati lo ricorda) cercavano di farci credere che i miracoli del fondo nell'atletica e nel ciclismo (vedi Moser) fossero dovuto al ritrovato del test Conconi e al magico effetto di carboidrati e Enervit. Tanto sport italiano c’era in mezzo al guado delle contraddizioni, compresa la nazionale di sci di fondo e tutto il management di una pregiatissima Fidal, mai così rimpianta se il successo di uno sport deve essere penosamente giudicata solo in base agli esiti delle gare.
Daniele Poto

Di solito il sabato pubblico argomenti più leggeri, ma questo mi serve per lanciare il pezzo di domani, essendo l'anniversario di un importante convegno tenuto a Marostica il 25/11/1984. Sandro DONATI non c'era, in parte rappresentato dal suo allievo Federico LEPORATI che aveva qualcosa da dire in merito a come otteneva risultati con Stefano MEI (vd. post 23/11).

Campioni Senza Valore di Sandro DONATI


Qui una scansione grafica, sempre su Scribd.

2 commenti:

Enrico VIVIAN ha detto...

ecco nel numero 187 di SPIRIDON un commento di AugustoFrasca@libero.it nella sua rubrica fissa "Fuori Tema"

Nell’ultimo numero di Spiridon, in apertura di rivista, un vecchio amico, Daniele Poto, si è prodotto nell’enfatico ritratto di un personaggio del quale l’ipersensibilità delle mie cellule epiteliali impedisce di citare il nome. Strano: ritenevo che Poto, uomo intelligente, e di accertate buone letture, fosse orgoglioso di conservare nella sua biblioteca un testo di Joyce o di Kafka, di Proust o di Nietsche, di Silone o addirittura di don Bosco, Le mille e una notte o I sette pilastri della saggezza, e non un pamphlet scritto da una persona nota per sputare immondizia, nei sottopassi dello stadio Mosca, era la finale di coppa Europa del 1985, alle spalle del suo maestro e mentore Carlo Vittori, cui molto doveva in studi e carriera, ed ancor più nota per non aver fatto quanto qualunque uomo dabbene avrebbe fatto, anche nella lunga sosta cronometrata a contatto con la corte di Nebiolo nell’Hilton del 1987, per evitare quanto, a sua conoscenza, era stato indecentemente e maldestramente architettato sulla pedana del salto in lungo dei mondiali.

Enrico VIVIAN ha detto...

mi ero perso la presentazione del nuovo libro di Sandro DONATI @gazzetta_12/11

Donati: "Il doping in Italia?
C'era e funzionava così"


ROMA, 12 novembre 2012

L'ex tecnico dell'atletica azzurra denuncia con un libro e apre uno squarcio inquietante sullo sport nel bel Paese. Fra gli accusati i vertici Coni e Manuela Di Centa. Tutto nelle 300 pagine di "Lo sport del doping. Chi lo subisce e chi lo combatte"

Uno choc. Alessandro Donati, ex tecnico delle nazionali di atletica e componente della commissione di vigilanza sul doping, ha aperto uno squarcio sconvolgente con una serie di dichiarazioni scioccanti sullo sport italiano. Un quadro dai contorni neri e con tante zone grigie dove interessi politici, economici e prettamente sportivi internazionali si intrecciano tra di loro.

ACCUSE PESANTI — A 23 anni da "Campioni senza valore", Donati è tornato in libreria con "Lo sport del doping. Chi lo subisce e chi lo combatte", edito da Gruppo Abele. Trecento pagine in cui racconta i suoi 35 anni di lotta al doping con particolari e nomi dei protagonisti delle vicende che hanno caratterizzato la sua battaglia: i medici Ferrari e Conconi, le denunce di Zeman nel calcio, Pantani e il ciclismo "ombrello protettivo per tanti sport", il caso Schwazer. La denuncia, fatta oggi nella sede romana della Fnsi accanto a don Luigi Ciotti, dell'associazione Libera e al comandante dei Nas, Cosimo Piccinno è pesante: "Nei controlli antidoping un gran numero di sostanze non sono rilevabili nelle urine o sono utilizzate in microdosi. L'efficacia aumenterebbe con i controlli a sorpresa, ma il sistema sportivo li utilizza con molta parsimonia: c'è solo lo 0,6% di casi di doping, mentre nei controlli della commissione antidoping del Ministero della Salute le sostanze dopanti sono riscontrate nel 3-4% degli amatori".

GLI INTERESSI — Una mancanza, secondo Donati, dovuta alla commistione di interessi: "La colpevolezza è nelle istituzioni politiche: dovevano ragionare sul fatto che le istituzioni sportive non potevano controllare sè stesse". Sotto accusa Walter Veltroni, Manuela Di Centa (per i suoi valori anomali nella sua carriera di sciatrice), l'ex presidente del Coni, Mario Pescante, l'attuale Gianni Petrucci e il segretario generale Raffaele Pagnozzi: "Il caso Schwazer va interpretato in questa area di grigio. Il Coni non ha disposto controlli a sorpresa per questo importante atleta in vista dei Giochi di Londra, anche se erano stati anticipati dalla Procura di Padova i suoi rapporti con Ferrari e dai controlli ematici risultavano dati anomali. I dirigenti hanno messo in evidenza la tempestività con cui l'avevano escluso dalla squadra ma era inevitabile. Schwazer, come Armstrong, è la vittima finale ma la luce si è spenta su chi traeva vantaggio dai suoi risultati".

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