sabato 9 aprile 2011

Una generazione di giovani coraggiosi (4) - cosa era successo

...   continua e si conclude in breve, fra omissioni e semplificazioni   ...

http://matteo-vivian.blogspot.com/
Ho recuperato la foto dell'incontro nel giugno 1997 con Roberto Luigi QUERCETANI di cui ho parlato in precedente post. Eccoci seduti a discutere amabilmente nel suo salotto di casa: da sinistra Piero MASSAI (compianto dirigente toscano), RLQ e Gianni DEL BUONO, anche lui già citato in altro post fra i coraggiosi non più giovani del 1972.
Sulle mie ginocchia c'è un PC portatile alto come un Big Mac, mentre dalle memorie degli interlocutori colano i ricordi che a riportarli oggi sono ancora più lontani. La frequentazione di GDB in quegli anni mi spinse a reinterpretare quelle che erano nozioni storiche e statistiche che si trovano ben argomentate in tanti testi. E ancor più di tanti ragionamenti vale la trasmissione delle esperienze di chi visse sulla propria pelle l'evoluzione e l'implementazione di teorie che trasformarono un discreto mezzofondista veloce come GDB in mezzofondista prolungato di rango mondiale nel 1972. Cosa era successo per portare all'esplosione di quegli anni?

L'utilizzo dell'interval training si era ben diffuso e aveva prodotto ottimi risultati fin dall'anteguerra con il record mondiale sugli 800m di 1'46"6 da parte del tedesco Rudolf HARBIG (Milano 15/07/1939), un tempo ancora oggi degno di meeting internazionali. Nello stesso anno Taisto MÄKI deteneva i record di 5-10'000m con i tempi di 14'08"8 e 29'52"6, sufficienti nell'ambito nazionale dell'attuale regressione italiana, validi nell'ambito regionale veneto di 20-30 anni fa.

Durante gli anni di guerra crebbe sulla scena internazionale la scuola svedese con l'utilizzo del fartlek, che declinava sul versante resistenza la variazione di velocità, la quale condusse atleti come Gunder HÄGG e Arne ANDERSSON a rincorrersi nei record. Nel decennio successivo ci fu la scuola ungherese che ben si incrociò con ottimi atleti britannici e altri europei per far avanzare i limiti umani.

Nel mezzo ci fu l'esperienza anomala e vincente del ceco Emil ZATOPEK con una personale interpretazione dell'interval training. Fu il primo a utilizzare notevoli volumi di lavoro, impensabili fino ad allora, dimostrando che erano praticabili. Con quale supporto? Chi correrebbe oggi con queste scarpe, benché su pista in terra rossa? Eppure furono le ali ai piedi di Emil verso le vittorie di 5-10'000m alle Olimpiadi di Helsinki 1952. Le scarpe che utilizzò in maratona mi mettono i brividi se le immagino per 42km sull'asfalto. Ci fu anche chi ci rinunciò, come Abebe BIKILA alle Olimpiadi di Roma 1960, e l'immagine dell'uomo scalzo offuscò l'impresa dell'atleta allenato. Ci volle il bis alle Olimpiadi di Tokio 1964 per rendere pieno merito al lavoro di costruzione retrostante alle due vittorie.

Nella seconda metà degli anni '50 era cominciata nell'emisfero australe una profonda riflessione da parte di Arthur LYDIARD NZL su quantità/qualità degli allenamenti e la loro organizzazione per ottenere i migliori risultati: le medaglie dei suoi atleti alle Olimpiadi di Roma 1960 furono il miglior biglietto da visita. Propose l'estensione dei volumi di allenamento anche per i mezzofondisti veloci senza mai dimenticare la forza e la velocità. Lo sviluppo delle componenti anaerobiche doveva avere radici profonde nel meccanismo aerobico.

Nel vicino continente le ispirazioni di Percy CERUTTY AUS diedero la carica a quel ciclone di Herb ELLIOT, già citato in precedente post. Tanto per visualizzare la situazione di allora ho trovato questo commovente video di cui evidenzio 2 particolari: quella specie di test su striminzito treadmill (attorno a 4' della traccia) e l'ultimo minuto sulle leggendarie colline di sabbia a Portsea. Quando si guardò oltre a questi aspetti pittoreschi, poté essere compresa la sostanza della lezione, anche perché Arthur e Percy erano soliti collaudare su loro stessi le teorie prima di trasferirle agli atleti.


Sempre dall'Australia arrivò da parte di Ron CLARKE una grande spinta a esplorare nuove frontiere del mezzofondo prolungato (per tutti i suoi record valga il miglioramento in unica soluzione da 28'15"6 a 27'39"4 sui 10'000m nel 1965) e di Derek CLAYTON che per primo portò il record del mondo di maratona ben sotto le 2h10' alla fine degli anni 60 (2h09'36" Fukuoka JAP 03/12/1967) quando aveva 25 anni. Nel resto del mondo brillarono i già citati Jim RYUN e Kip KEINO, in Europa il più prolifico fu il francese Michel JAZY, primo degli umani dietro a Herb ELLIOT alle Olimpiadi di Roma 1960, il quale continuò l'attività ai massimi livelli per tutto il decennio.

Un altro momento di profonda riflessione ci fu nel 1968 quando si dovette affrontare l'altitudine delle Olimpiadi di Città del Messico. Fisiologi e tecnici furono chiamati a una nuova sfida, vinta dai corridori degli altipiani e da chi era già abituato a salire in quota. Idee e metodologie furono condivise e diedero impulso alla globalizzazione del mezzofondo moderno. Ormai il fuoco era acceso e si diffuse in tutto il mondo atletico con l'applicazione di alcuni semplici concetti, pur in assenza di tanti strumenti che a noi oggi sembrano indispensabili. Poi si cominciarono a raffinare i concetti, disquisendo sui confini fra aerobico e anaerobico, su "quanto" serve per ottenere "cosa", sull'importanza della forza. Tutti semi gettati già da Arthur LYDIARD, i cui principi sono tuttora cari al mondo anglofono. I frutti sono i fantastici record che seguirono e le valorose battaglie fra tanti atleti.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi è particolarmente piaciuto il passo dove scrivi...erano soliti collaudare su sé stessi le teorie prima di trasferirle agli atleti.

Enrico VIVIAN ha detto...

al testo originale pubblicato stamattina ho inserito la noticina su Abebe BIKILA, troppo grande per non essere citato

@ Emiliano: non è necessario essere stato un buon atleta per essere un buon allenatore, anzi, ci sono ottime controprove

come non è sufficiente essere stato un buon atleta per essere un buon allenatore, ma aiuta

comunque CERUTTY e LYDIARD hanno cominciato proprio così, sperimentando su loro stessi

parlando di mezzofondo in genere più che di maratona, vorrei che certi allenatori provassero in prima persona lo sconvolgimento di certi carichi anaerobici

Anonimo ha detto...

condivido le tue considerazioni tanto da spingermi a dire che vorrei tanto applicare il tutto anche al di fuori dello sport.
Ciao.

Enrico VIVIAN ha detto...

grazie dell'apprezzamento

con questi interventi vorrei convincere alcuni amici (runner di tempi recenti) che "run is history" e non solo "run is cool"

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