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cimitero a Longa di Schiavon |
Sono passate due settimane dalla pubblicazione del post "
Fulvio COSTA, a trent'anni dalla morte". Ha ricevuto molte visite dirette, 142 contate da blogger, e chissà quante altre sono passate accanto. Mi auguro di contarne di più sabato prossimo a Cogollo del Cengio e non sarà difficile raccogliere più preghiere che commenti nel mio blog o su
podisti.net.
L'argomento è delicato. Tutti sanno che Fulvio è morto per un'infezione e dopo lunga agonia. Chi c'era allora, c'è ancora, anche nel reparto dove è stato ricoverato. Forse le cartelle cliniche sono andate perdute negli anni, fra sistemazioni di archivi e scansioni documentali. A me non interessa sapere il valore di ematocrito misurato a fine maggio di trent'anni fa, a me preme liberare l'ingorgo che impedisce alla storia di Fulvio di parlare e di ispirare le generazioni a venire.
Mi ritorna in mente il verso "
muor giovane colui ch'al cielo è caro", ampiamente connotato già un anno fa in occasione della morte di Samuel WANJIRU (vd.
post 17/05/2011). Tuttora l'incidente è oggetto di indagini, valutazioni, speculazioni. Se fosse ancora in vita c'è chi lo avrebbe fatto correre con la maglia del QATAR per risolvere i problemi finanziari (vd. link
@RW), chi lo avrebbe fatto trasferire a San Diego CA per ritrovare serenità (vd.
@ESPN). E proprio il video
@ESPN è intitolato "
Sammy Wanjiru's Legacy". Solo tre minuti, da guardare, anche senza ascoltare.
Legacy sta per "eredità, lascito, quello-che.rimane-dopo-la-dipartita". Sarà perché cadeva il primo anniversario dalla morte, sarà perché è il campione olimpico di maratona in carica e Londra è vicina, sarà perché c'è e ci sarà ancora molto mistero sull'incidente, ma bisogna essere speciali per meritarsi tutto questo (vd. lungo articolo
@NewYorker). Su Fulvio il tempo ha depositato uno spesso strato di polvere, il suo talento non si era completamente espresso e con Sammy ha in comune solo il mistero.
A molti sarà sfuggito un particolare del
post 04/05 su Wesley KORIR, ma bastò un abbraccio da parte di Sammy per fargli scattare la molla che lo ha portato a essere vincente alla maratona di Boston. Io non ho mai avuto un abbraccio da Fulvio, ci ha lasciati troppo presto, ma non mi è stato nemmeno mai trasmesso in qualche modo da chi gli era stato intorno.
All'inizio del
post 07/05 accennavo del suo allenatore che ho frequentato per anni e che tuttora non ha niente da aggiungere su Fulvio. Walter parlava poco di certe cose e anche del padre che girava per casa sempre più lentamente diceva "ha quel male di cui non si può parlare". Non ci ha messo molto a lasciarci pure lui. I tempi cambiano e le sensibilità cambiano. Magari oggi se ne può parlare. Anche Fulvio avrebbe potuto parlare, non può non essersi reso conto che non avrebbe durato. Magari lo ha pure fatto. Io non lo so. So che non c'è più.
Legacy ... un'ossessione tutta americana? Forse è il modo per quel popolo di mettere radici, quando se ne hanno troppe e non molto profonde, per lo più strappate altrove. Può trovare anche espressioni atipiche per noi europei, come nel caso di Steve JOBS, entrato a far parte di molte vignette
post mortem. Un'ampia raccolta mi è giunta via mail e alcune sono disseminate in questo post, quasi a riprendere quello a lui dedicato del
14/10/2011, dove citavo anche chi ha scritto al volo "
It's one thing to miss someone, to feel a void when they're gone. It's another to do something with their legacy, to honor them through your actions".
Come iniziare a
onorare Fulvio attraverso le nostre azioni? Forse raccogliendo insieme preghiere e sentimenti nel cimitero a Cogollo del Cengio, sabato prossimo 26/05 alle 11. Magari un giorno avremo modo di giocare con le parole di Fulvio con quella ingenuità e quel disincanto che dobbiamo importare. Ecco la chiusura della mail con le vignette.
Ten years ago the USA had Steve Jobs, Bob Hope and Johnny Cash ... Now they have no Jobs, no Hope and no Cash.
Solo così rimetteremo la campana al suo posto e riusciremo a farla suonare. C'è uno strano campanile nel cimitero a
Longa di Schiavon. Ho allungato l'occhio nei miei giri in bici e mi sono allontanato dalla strada principale per andarlo a osservare. Al momento non ho trovato nessuno sul posto a darmi indicazioni. Ieri sera abbiamo accompagnato a casa un giovane atleta che abita in una via poco a sud del centro. Vede la punta sull'orizzonte settentrionale e gli ho chiesto se conoscesse la storia di quel campanile vuoto dentro il cimitero. Mi ha risposto che non si era mai accorto. Magari mi farà sapere.