sabato 30 aprile 2011

Boston 1992_2011_2012 - cross e maratona

Diverse persone mi hanno chiesto di commentare i risultati dell'ultima Maratona di Boston, soprattutto in merito ai tempi eccezionali dei primi arrivati. Appena conclusa la gara ho cominciato a spiegare sia di persona sia via sms che i tempi di Boston non sono omologabili perché il percorso non rispetta due commi della IAAF Competition Rule 260.28 pag.234
(b) The start and finish points of a course, measured along a theoretical straight line between them, shall not be further apart than 50% of the race distance
(c) The overall decrease in elevation between the start and finish shall not exceed 1:1000, i.e. 1m per km


panoramica verticale
Tante discussioni non sarebbero iniziate se ci si informasse da una fonte con piena cognizione di causa, come Amby BURFOOT su runnersworld.comDavid MONTI sullo stesso sito IAAF, donde ho prelevato le noticine appena riportate in calce proprio all'articolo che racconta la gara di Boston, almeno per chi non ha memoria dei lunghi dibattiti che hanno portato a precisare i criteri per cui un tempo in una gara su strada potesse essere denominato "record del mondo" e non semplice "miglior prestazione". Alcuni integralisti pretendevano che il percorso dovesse essere chiuso, se non addiritura andata/ritorno, e questo ha generato la separazione fra loop e point-to-point. Alla fine si arrivò a due valori (distanza partenza-arrivo inferiore al 50%, dislivello negativo massimo 1:1000) che tengono in gioco la maggior parte dei percorsi.

panoramica orizzontale
Gli organizzatori di Boston ovviamente non hanno mai rinunciato al loro storico tracciato, major o non major, record o non record, anche perché fino al 2011 ci sono stati pochi tempi veloci in quanto non si riesce a sfruttare al meglio le pendenze che portano dalle colline al mare in un continuo saliscendi. A me è rimasta impressa una battuta di Ruggero PERTILE che incontrai il giorno successivo alla NYC marathon 2007 dove lui fu bravissimo ad arrivare sesto e io fui fermato da crampi lancinanti nel finale e mi trascinai all'arrivo. "Che dura!" gli dissi io. "Dura questa? Vai a Boston! Non c'è un metro piano". Se la ricordava bene perché ci aveva corso solo sette mesi prima, settimo allora in una terribile giornata di pioggia fredda. Ci volevano quindi due fenomenali atleti senza paura di confrontarsi fino all'ultimo metro e messi nelle condizioni meteo favorevoli.

prof. G.P. LENZI guida ispezione
In tanti hanno già dato la loro valutazione tecnica: da Rodolfo LOLLINI su podisti.net con le sue pratiche e sensate valutazioni spannometriche, all'attento Orlando PIZZOLATO nel suo seguitissimo blog su cui ho postato un commento che qui vorrei estendere. Orlando ha ben descritto con parole semplici quello che succede a livello muscolare e nell'impostazione tecnica della corsa quando si corre su percorsi ondulati prevalentemente in discesa. Io ho voluto aggiungere che c'è anche da considerare l'aspetto energetico in quanto per esprimersi al meglio sui saliscendi bisogna essere in grado di gestire accumulo di acidosi e relativo smaltimento. Dove sviluppare al meglio queste qualità tecniche e metaboliche? Nel cross ovviamente.

ispezione percorso
Del vincitore Geoffrey MUTAI KEN avevo già parlato in precedente post 22/03, commentando il mondiale di corsa campestre a Punta Umbria, e dal punto di vista tecnico Moses MOSOP KEN non è da meno, anzi. Chi lo ha visto vincere con un minuto di vantaggio la Montefortiana Turà del 2007 ha preso paura. In pista vanta tempi migliori di MUTAI, benché realizzati fino a 4 anni fa, quando si giocava i podi mondiali sia in pista che nei cross. Nel 2007 fu secondo ai Mondiali di Corsa Campestre di Nairobi, dove Zersenay TADESE interruppe il dominio di Kenenisa BEKELE, e nel 2009 si trovò nella situazione di MUTAI quest'anno, ovvero stravinse i Trials kenyani ma non concretizzò la vittoria ai Mondiali di Amman, dove prevalse Gebregziabher GEBREMARIAM di cui ho già accennato in precedente post, giunto terzo e ben staccato a Boston. Che incroci di talenti e prestazioni!

preparazione materiali
Di sicuro il cross fa bene ai maratoneti. E posso dire che l'attività sui prati mi è mancata molto a Londra, dove il percorso è sicuramente veloce, ma non è un biliardo. Quanto avrei voluto avere quella riserva di abilità tecniche e margine anaerobico sui leggeri saliscendi e sottopassi sulle sponde del Tamigi! Dovrò rimediare per il prossimo anno perché c'è tanta voglia di Boston nel gruppo di amici 21-42, rimanendo alle dichiarazioni della cena di giovedì scorso, splendidamente conclusa a casa di BeppeP che nel consueto slancio di generosità ci ha deliziato con assaggi di Franciacorta (Ca’ del Bosco magnum e Bellavista) prosecco Col Vettoraz (extra dry e millesimato), Pico di Angiolino MAULE, un vino biodinamico da uva garganega 100% senza solfiti, difficile sul palato e ricco di soddisfazioni.

ritorno a casa
Il percorso di Boston mi aspetta dal 1992, quando ebbi l'occasione di visionarlo insieme a Salvatore BETTIOL a bordo dell'auto guidata dagli organizzatori della prestigiosa gara di Falmouth, da lui vinta due volte, in previsione di eventuale partecipazione che non ci fu negli anni seguenti. Allora il mio sguardo ingenuo di mezzofondista prolungato non fu impressionato più di tanto dalle famose colline perché ancora non conoscevo la fatica che si accumula lungo la strada prima di affrontarle. Io e Salvatore fummo compagni di stanza in quella lunga trasferta per i Campionati del Mondo di Corsa Campestre che si svolsero al Franklin Park di Boston, poco a sud delle ultime miglia del tracciato della gara ultracentenaria. Google Maps mi fa ricordare: si partì dall’adiacente campo di golf, poi si attraversò lo zoo e si girò intorno al White Stadium, arrampicandosi nel boschetto che lo circonda. Era il 21 marzo e c’era una discreta bufera di neve, che non impedì al kenyano John NGUGI di vincere con ampio margine per la quinta volta il mondiale dopo il poker di ori (1986 Neuchâtel SUI, 1987 Varsavia POL, 1988  Auckland NZL, 1989 Stavanger NOR), tutti stampati nella memoria. Uno dei pochi a fare negative split in campestre poiché era solito partire cauto per poi macinare la concorrenza sulla distanza. A Boston mi vidi sfilare da un'ombra scura dopo circa 3km che subito riconobbi per la caratteristica andatura. Go, John, go for the gold! Non mi sorpresi perché mi era già capitato tre anni prima al Cross delle Orobie a Bergamo.

Conegliano 09/1992
Salvatore olimpionico
Torniamo ai giorni nostri e facciamoci alcune domande. Quanto valgono le prestazioni di questi due fenomeni? Di sicuro molto e ho già segnalato alcune valutazioni. Quel che più conta per MUTAI è che gli organizzatori gli hanno riconosciuto i 50'000$ di bonus riservati al world's best time con la solida motivazione "when you run Boston and you run faster than any man or woman has ever run a marathon, you truly are in a league of your own". Quanti altri lo avrebbero fatto?
Dove si può arrivare in maratona? Proprio a Londra, sfogliando una biografia di Haile GEBRSELASSIE, ho trovato un calcolo del grande fisiologo David COSTILL che scriveva (vado a memoria) ... se Gebre estendesse fino alla maratona la potenza aerobica espressa sui 5-10'000m - su tempi allora da record del mondo - potrebbe correre 42,2km in 2h01'32". Concordo.
A quando sotto le 2h? Vietato guardare le estrapolazioni statistiche lineari che impazzano in giornali non informati, tutti figure e chiacchiere con poca sostanza.

###   tutte le foto tranne una riguardano la trasferta in occasione dei Campionati Mondiali di Corsa Campestre a Boston, 21/04/1992   ###

PS1 mi scuso per la lunghezza, ma non volevo spezzare il racconto; faccio finta che il post valga per tre e così mantengo il ritmo di 13 al mese; a breve mi tranquillizzo in lunghezza e frequenza di pubblicazione

PS2 al quarto arrivato Ryan HALL dedicherò un post intero, già citato in precedenza; troppo commovente la sua rinascita! great job, Ryan!

PS3 appena postato il resoconto di Filippo LO PICCOLO della sua maratona di Boston 2011; da leggere attentamente per fare tesoro della prudenza necessaria

mercoledì 27 aprile 2011

Quando sarebbe meglio tacere

Sono tornato a casa da Londra martedì notte e già mercoledì mattina ho sfogliato il sito podisti.net alla ricerca dell'usuale certosino lavoro sui risultati degli italiani nelle maratone estere normalmente riassunti in file Excel. Subito sono stato colpito dall'intervista a Roberto BARBI (25/03/1965) che ho letto rapidamente. "Niente di nuovo! Chissà perché è stato riesumato un atleta sepolto dalla radiazione che avrebbe fatto meglio a rimanere silenzioso nel suo sepolcro. Perché chiamare in causa proprio Stefano BALDINI? Sparare sul nome più conosciuto, un atleta che comunque si è ritirato. Che strano! Ci sono solo tre commenti". Non mi ero accorto che la notizia era stata pubblicata solo la sera prima. Poco dopo nella stessa mattinata si è scatenato l'inferno. Oltre ad alcune circostanziate opinioni, troviamo un riassunto di torbidi pensieri che si agitano nel torbido del sospetto alimentato di commento in commento.
Per chi non lo avesse mai sentito parlare è possibile ammirare il BARBI nell'intervista di Enrico LUCCI per il programma Mediaset Le Iene (24/04/2003, consiglio la visione, dura meno di 5'). Nonostante il montaggio tipico della trasmissione risulta una comunicazione più precisa rispetto al pezzo di Massimiliano CASTELLANI uscito sabato 16/04/2011 su L'Avvenire e alcuni svarioni nel testo mi fanno intuire che il giornalista non capisce molto di cose di corsa. Il quotidiano sembra lanciato verso un'inchiesta in più puntate raggiungibile da link in fondo alla prima pagina del sito. Dopo una generica intervista a Sandro DONATI (15/04), c'è già un'altra intervista a Marcello GUARDUCCI.
Avevo già parlato di doping in uno dei primi post (08/01/2011) più che altro perché ero rimasto sorpreso della presentazione che ne era stata fatta. Troppo limitante e fuorviante ne L'Arena di Massimo GILETTI. E anche adesso mi chiedo: dopo aver letto l'intervista di BARBI, è cambiata la mia opinione sul doping? Come ammette lui stesso, sono convinto che gli ha fatto molto male - forse il danno alla valvola aortica non è tutto - e solo l'ultima e definitiva positività lo ha salvato, suo malgrado. Non avrebbe forse continuato a inseguire premi e ingaggi per acquistare le sostanze da cui dipendevano i suoi risultati? Se alla fine perdi in salute e non guadagni, che ti dopi a fare quando hai già spiegato come ottieni i risultati?
Prendersela con BALDINI è stata una grande sciocchezza e Stefano ha fatto bene a querelarlo perché sta vivendo con i risultati e il credito raccolti in una luminosa carriera sportiva che nessuno ha diritto di attaccare con argomenti inconsistenti. Fossero poi rimasti nella nicchia de L'Avvenire avrebbero solleticato il prurito di pochi perbenisti. La bomba è scoppiata quando le dichiarazioni sono rimbalzate sulle riviste sportive. Non si è accorto Massimiliano CASTELLANI che parlare di fair play con Roberto BARBI è come discutere di morigeratezza dei costumi con Lady GAGA? A dimostrazione della perversione dei lettori c'è la vittoria devastante nella gara dei commenti raccolti in calce alle rispettive interviste su podisti.net dove Roberto BARBI batte Stefano BALDINI 55 a 2 (risultato in aggiornamento).


Succede di incrociare il doping? Anche più spesso di quanto si pensi. A me è capitato anche recentemente a NYC 2010 quando ho ricevuto dall'organizzazione della maratona questo messaggio "The KNAU (Dutch Federation) has suspended (again) Simon Vroemen.  It is a long story, but may be we have to DQ him from the ING NYC Marathon. If that happens, you will be elevated to the #2 masters runner in the race. I am waiting for the IAAF to provide me with a decision". Tuttora lo vedo 5" davanti a me nella classifica e forse la IAAF non ha mai recepito la decisione della federazione olandese. Non mi cambia la vita. Nel frattempo mi sono fatto una cultura sul travaglio giudiziario di Simon VROEMAN, che mi era sembrato un ragazzo simpatico con cui avevo parlato a lungo nel tendone che ci accoglieva prima della partenza in quanto anche lui intendeva correre sotto le 2h30', e da allora ho imparato a guardare la lista degli atleti sanzionati dalla IAAF dove brilla un campione nostrano, che ho conosciuto proprio su podisti.net, ovvero quel Gaetano CIVIELLO a cui sono stati comminati 12 anni di squalifica fino al 19/04/2022 a causa di "use, possession & trafficking of prohibited substances". Troviamo anche Elisa DESCO che alla fine sconterà quasi 3 anni di assenza dalle gare (fino al 28/08/2012) dopo la vittoria al Campionato del Mondo di Corsa in Montagna (06/09/2009) che le è stata tolta per la positività alla CERA. Ecco un caso molto più fresco e interessante per il curioso Massimiliano CASTELLANI, potenzialmente ricco degli intrecci per una nuova storia. Manca ancora dalla lista Zivile BALCIUNAITE (quasi anacronistico il suo rapporto tra testosterone ed epitestosterone oltre il limite consentito): l'eventuale squalifica della lituana farebbe la gioia di Anna INCERTI che salirebbe di un gradino sul podio dei recenti Campionati Europei di Barcellona. Anzi, il suo allenatore si rammarica perché la sua atleta avrebbe potuto lottare per l'oro.
Controlli estesi, regole precise, azioni sicure, tempi rapidi: i risultati delle gare non possono rimanere in sospeso per mesi! Solo così lo sport tornerà a guadagnare credibilità.

lunedì 25 aprile 2011

w16/2011 - recupero post maratona

London Marathon, dopo l'arrivo
Comincio con una bella foto di assieme scattata da mio fratello Luigi dopo l'arrivo (da sinistra verso destra, posizione e tempo)
Stefano TOSIN 3375 – 3h25’44”
Davide MINUZZO 827 – 2h57’13”
Stefano BALDINI può permettersi di non correre
Fabrizio VEDOVELLO 928 – 2h58’42”
Enrico VIVIAN 62 – 2h31’18”
Matteo VIVIAN 981 – 2h59’09”
sulla quale aggiungo un ringraziamento a Runner's World Italia che in questi giorni fa ruotare nella home page una foto di due fratelli VIVIAN con Stefano. Il quarto fratello Davide ha scelto di correre la maratona di Roma quattro settimane prima. Sembra che manchi ormai solo la sorella Anna per completare il quadro di famiglia già delineato in precedente post.

a sx mio fratello Luigi
subito dietro Michele e Claudio
Come si sta una settimana dopo una maratona? Bene! Gli effetti positivi del forzato riposo si sono fatti sentire per accorciare i tempi di recupero post gara, come ho scritto sabato alla terapista facendo un check up dal basso verso l'alto "caviglie OK, gambe OK, ginocchia OK, cosce stanche (in particolare i vasti laterali e fasce late), glutei pure, tronco OK". Sono ormai il ritratto della salute ritrovata e cercherò di non perderla in modo avventato o nella fretta di raggiungere chissà quale chimera. Prossima gara? Non lo so. Le ho trascritte nell'agenda e cercherò gli spazi vuoti lasciati dall'attività tecnico-dirigenziale su pista per la mia società Atletica Vicentina. Per ora tengo la mente libera.

siamo o no a Londra?
Il mattino dopo la Virgin London Marathon ho corso piano piano dall'Hotel St. Giles alla zona di arrivo tornando poi per St. James' Park. Pochi km solo per sentire le gambe vive dopo la grande fatica del giorno precedente, ben saturata dalle camminate in giro per la città della domenica pomeriggio. È stata la scusa per fare anche un po' di ginnastica prima di partire, rimuovere il torpore ed estendere articolazioni rattrappite. Poi il lunedì è stato riempito di camminate in giro per la città. Sono convinto che si faccia meno fatica a correre. Il martedì ho ripetuto il giro del giorno precedente, allargandolo, questa volta in compagnia per scattare le foto di gruppo. Ancora visite in città fino all'ora di avviarsi all'aeroporto. È valsa la pena rimanere un giorno in più.

Chiesetta del Ciclista
Sono tornato a casa e ho ricominciato a correre sui soliti percorsi di cui conosco esattamente i tempi di percorrenza e mercoledì-giovedì-venerdì ho guadagnato 6-8"/km ogni giorno fino a sabato mattina quando ho calzato le scarpe intermedie e mi sono lanciato. Ho preso i parziali e non li ho guardati fino a casa. Solo trascrivendoli nell'agenda mi sono accorto che avevo ricalcato l'allenamento di 13 giorni prima guidato da inconsapevole ispirazione su ritmi da 3'50"-45". Domenica mattina mi sono avviato verso le colline. Pensavo di fare un solo valico fra Vallonara e Valle San Floriano, poi non ho resistito al richiamo della Rosina e con l'occasione mi sono fermato alla Madonna del Ciclista per una preghiera e un ringraziamento, alternativa locale al più grandioso sito devozionale della Madonna di Monte Berico. Poi sono sceso per San Michele e rientrato a casa per le pendici delle colline. Un'ora e un quarto corsa bene, con soddisfazione. A quanto sono andato? Esattamente non lo so. No GPS, no cardio. Sentivo i piedi funzionare brillanti e simmetrici, le ginocchia estendersi senza timori, le anche ben stabili a seguire il profilo delle pendenze. Ora va bene così.

venerdì 22 aprile 2011

Virgin London Marathon 2011 - la visione di Claudio ARDUINI

L'amico Claudio ARDUINI ha vissuto London Marathon in modo molto particolare, quasi unico. Insieme a Michele era presente all'Expo come promotore di Verona Marathon nello stand 545 (vd. layout pdf).
Purtroppo uno sciopero non revocato all'aeroporto di Venezia ha fatto spostare la partenza del volo su Verona e il ritardo di un paio d'ore ci ha condotti in extremis all'ExCel, giusto in tempo per ritirare il pettorale ed essere allontanati per sopraggiunto orario di chiusura. Essendo abbastanza scomodo dal nostro albergo, non siamo tornati il sabato mattina.

Expo - stand 545
Quanta roba! Tutto da comprare, nessuno regala più niente, nemmeno l'assaggio dei reintegratori di gara (ottima la bevanda salina Lucozade, troppo viscoso il gel, difficilmente deglutibile in gara). Ovviamente il main sponsor tecnico la fa da padrone: Adidas aveva una piazza a disposizione.
Torniamo all'amico Claudio che, avendo già abbandonato il presidio venerdì sera, mi ha convocato il giorno successivo per un giro ombre (= bicchieri di vino) della Valpolicella, anche per festeggiare la presenza di mio fratello Matteo sui manifesti della Verona Half Marathon.

The Mall - 1
Alla fine usciamo stanchi dall'Expo per la lunga giornata di viaggio e un po' delusi per la miseria del pacco gara, in attesa di essere affranti alla consegna della maglia ricordo dopo l'arrivo: brutta T-shirt in cotone presente nell'unica taglia L! Poco male. Ci consoliamo subito scolandoci la birra dello sponsor Fuller presente nel goody bag, seguita da un'ottima cena presso un ristorante italiano giusto fuori dell'ExCel London.

The Mall - 2
Torniamo a Claudio che ha preso confidenza con il mondo delle grandi maratone ed è riuscito a strappare un pass per entrare in zona arrivo. Straordinario! Attendo di vederlo ottenere lo stesso privilegio anche a NYC. Secondo me ce la può fare: se non con il Valpolicella classico, forse con il ripasso, di sicuro con l'Amarone ... il passpartout alcolico!

Tower Bridge 1h13'
Claudio mi ha quindi regalato la visione sofferta dell'ultimo rettilineo prima della sublimazione sotto il portale di arrivo di cui mi ha inviato il lato B a complemento del lato A già immortalato da Pierluigi BENINI e inserito nel precedente post.

Tower Bridge 1h02'
Ritrovo la stessa espressione sul Tower Bridge per cui deduco di avere corso più di metà gara con questa maschera di fatica che ho tolto solo negli ultimi metri. Un qualcosa di simile già segnalato dall'amico Andrea RIGO nel suo ultimo post. Sullo stesso ponte anche fra i top c'è qualcuno con presagio di crisi. Tanti continueranno a volare sul passo di 3'00"/km ... secondo più, secondo meno.

Charing Cross Road
La nostra reintegrazione è poi continuata in compagnia sulla via del ritorno verso Hotel St. Giles.

Grazie ancora, Claudio!

giovedì 21 aprile 2011

Virgin London Marathon 2011 - la gara


http://www.pierluigibenini.com/
Ritorno contento dalla maratona di Londra e la foto lo testimonia. Alla vista del traguardo su The Mall, il viale di fronte a Buckingham Palace, ho raccolto tutta la compostezza e la soddisfazione che esprimo sotto il portale di arrivo. Chi mi legge regolarmente conosce le traversie degli ultimi due mesi raccontate nei feedback settimanali. Ho recuperato quel minimo di condizione fisica che mi ha permesso di centrare un risultato di prestigio (2h31'18", 62° assoluto su 34'706 classificati, 1° italiano, 4° over 40) comunque confrontabile con quello di NYC 2010 (2h28’22” su 44'969 arrivati, 35° assoluto, 4° italiano, 3° over 40) dove il percorso è ben più impegnativo. Tutti i passaggi sono visualizzabili nel certificato di gara.
Nei primi 10km ho subìto il richiamo della discesa (-30m ca.) e ho patito la scarsa abitudine alle gare degli ultimi 3 mesi. Per quanto mi ripetessi “stai tranquillo” ero troppo coinvolto e ho fatto qualche conto allegro con le miglia. Pensavo di avere rallentato di più nella seconda frazione di 5km, dopo l’iniziale 17’08”, invece ho segnato un 17’21” che mi ha fatto dire “adesso basta!”. Ho quindi infilato tre frazioni praticamente identiche (17’42” + 17’42” + 17’39”) con passaggio a metà gara in 1h13’43”. Finalmente avevo trovato il mio ritmo. Troppo tardi. Chi mi ha ritratto a metà gara mi ha dimostrato la sofferenza dal Tower Bridge in poi. Poi ho cominciato a pagare il doppio dazio fra impreparazione e scarsa cautela e mi sono progressivamente spento (18’06” + 18’35” + 18’54” + 8’11” per gli ultimi 2,2km). Mi brucia non essere sceso sotto le 2h30’ e sono convinto che con un paio di settimane di allenamento in più ce l’avrei fatta a reggere 3’30”/km e portare a casa il personale. Bravo a posteriori! Invece guardo quella foto di arrivo e rivivo la liberazione dopo gli ultimi 12km molto molto sofferti, rileggo i post delle settimane critiche dove invocavo solo di partecipare dignitosamente, vedo che alla StraVicenza ho corso 10km a 4’20” solo un mese fa. Cosa volere di più?
Greenwich Park - partenza
In questa pazza primavera a Londra faceva più caldo che a Marostica: il disagio maggiore per i corridori è stato ben compensato dalla presenza di pubblico invitato dal sole a scendere per le strade. Mi era stato descritto come “non così folto e non così partecipe come a NYC” e invece è stato eccezionale lungo tutto il percorso, anche nei passaggi dei quartieri residenziali di periferia e di quelli dirigenziali della City. Ecco quello che mi dispiace di più: la stanchezza ha spento la lucidità per godere appieno dello spettacolo attorno. Forse sarà il motivo per tornarci, come ho già fatto altre due volte a NYC, prima di cogliere la soddisfazione piena. Anche perché c’è da vivere una città piena di storia e di cultura, di spettacoli e di occasioni a due ore di volo da Venezia.
The Mall - arrivo
La maratona di Londra potrebbe essere famosa in Italia come quella di NYC se l’organizzazione prevedesse più pettorali per gli stranieri (solo 321 italiani arrivati nel 2011 contro i 3'561 di NYC 2010), magari convertendosi alla partenza a ondate che concede 10'000 partenti in più oltreoceano. Per il resto nulla da invidiare. Ristori ogni miglio, il reintegratore salino Lucozade ogni quattro di acqua Nestlé, sempre in comode bottiglie da 330mL con tappo richiudibile a scatto. Gel di maltodestrine al miglio 14 e 21. La zona di partenza presso Greenwich Park è sterminata mentre le strade non sono larghe abbastanza e alcuni spartitraffico le limitano ancor di più. Poi la zona di arrivo è ampia, compatta, perfettamente attrezzata. Dopo aver raccolto la sacca, la festa continua fin da Trafalgar Square. Il mattino seguente alle 7 e mezza sono passato per le piazze e i viali. Rimanevano da portar via solo alcune transenne. Tutto il resto perfettamente pulito, in preparazione per la prossima festa.
The Mall - il mattino dopo
Mi fermo qui con i numeri di gara. Seguiranno altri post sui vari aspetti della trasferta londinese (la compagnia, i musei, la città).

giovedì 14 aprile 2011

Knowledge Addiction by EuLab Consulting

Non so per quale astrale combinazione sono capitato nella mailing list di Eulab Consulting. La newsletter mi ha incuriosito, tanto che sono andato a vedere anche le precedenti nel sito
  • perché sono quattro pagine ben ideate e formattate
    (i percorsi in prima mi ricordano i tracciati della 
    RER di Parigi)
  • perché sono ben scritte e con argomenti interessanti.
Leggiamo l'intento riportato nel frontespizio di ogni numero, di fianco alla mappa. Lo psicologo svizzero Carl Gustav JUNG scrisse che ogni tipo di dipendenza è cattiva; non importa se il narcotico sia l'alcool, la morfina o l'idealismo. Da allora, anno dopo anno, le possibili forme di dipendenza (in inglese: addiction) sono aumentate in modo esponenziale, tanto da portare alcuni a definire il nostro secolo come l'era delle dipendenze. Oltre alle infinite sostanze, chimiche o naturali, abbiamo scoperto di  poter diventare dipendenti dal lavoro, dal cibo, dal sesso, da Internet, dal gioco d'azzardo o dallo shopping! Vogliamo – giocosamente – provare a contraddire il noto psicologo inventando una nuova dipendenza “buona”: la Knowledge Addiction, la dipendenza da conoscenza. Questa newsletter, ogni mese, cercherà di dare a tutti i “dipendenti da (o della) formazione” una dose di conoscenza, su aspetti generali o specifici del mondo della formazione e dell'apprendimento.

In calce alla prima pagina ci sono i tre abstracts degli argomenti sviluppati nelle tre successive. Al termine della quarta ci sono i riferimenti. La grafica gradevole restituisce leggibilità ed equilbrio.

Partendo dal presupposto che anche la corsa genera una forma di dipendenza "buona", la Running Addiction, entriamo negli argomenti principali delle tre newsletter che ho letto per verificare quanto ci possono interessare.
  1. il valore della RESILIENZA, termine noto ai lettori della rivista CORRERE, tanto cara al Pietro TRABUCCHI da dedicargli l'intero suo sito;
  2. l'approccio STRENGTHS-BASED, ovvero il criterio di miglioramento attraverso il potenziamento delle risorse in aggiunta alla correzione dei deficit;
  3. elogio dello STORY TELLINGL’arte della narrazione ha sempre costituito una componente fondamentale della natura umana. Attualmente, lo story telling sta diventando una delle metodologie più efficaci in ambito formativo; il racconto di storie rappresenta infatti una forma naturale di costruzione di significato, supportando e sostenendo la riflessione. È possibile utilizzare le storie per attivare il confronto e la riflessione individuale e di gruppo in relazione a dimensioni strategiche da trattare durante i percorsi formativi.
    Si continua così per dare nobile motivazione a tanto scrivere di noi stessi e a tanto leggere di altri che scrivono di loro stessi. Oltre al racconto di storie, la pratica narrativa può prevedere un altro tipo di attività: il racconto di sé, o racconto autobiografico. Tramite il metodo autobiografico, ponendo la propria soggettività al centro del processo, l’individuo è incoraggiato a ridefinire se stesso e il proprio ambiente di vita e lavorativo. Il soggetto viene aiutato a definire un progetto individuale che non sia semplicemente il precipitato della propria storia, ma che la superi stabilendo una nuova cornice di senso.
PS domani si parte per Londra!

lunedì 11 aprile 2011

w14/2011 - ormai è fatta

Quello che era possibile fare per Londra è stato fatto. Nei primi due giorni della settimana sono stato sommerso dalla stanchezza dopo la sequenza dello scorso week end. Poi da mercoledì è andata meglio, sono riuscito a fare qualche esercitazione tecnica che si è fatta subito sentire sulla muscolatura delle gambe. Da giovedì ho ricominciato a qualificare la corsa continua, con ritmi di 3'40"-50"/km su distanze di 12-15km.
Sabato ho corso l'ormai rituale prova di 12km nella campagna a sud di Marostica, con leggero dislivello fra andata e ritorno: ritmo medio di 3'30"/km che mi è costato più del dovuto (= pulsazioni elevate a crescere da 146 a 164bpm) per l'anomalo caldo primaverile. Sono tornato a calzare le scarpe da gara che non indossavo dalla Montefortiana. Me ne sono accorto dai lacci lasciati ancora aperti per togliere il chip. In qualche modo un ciclo si è chiuso e sto tornando alla vita agonistica.
Domenica non ho avuto nessun problema a frequentare la soglia aerobica a 3'45"/km. Questi sono i segni di salute che mi aspettavo e mi confortano molto. Le grandi incognite di gara saranno mantenere l'assetto quando arriva la fatica dopo i 30km e verificare i serbatoi non più allenati su lunghe distanze.
2 fratelli Vivian alla Berlin Marathon 2008
orgogliosi prima della partenza
Previsioni per Londra? Giochiamocele! Senza disgrazie le 2h35' (= 3'40"/km) sono il risultato minimo, perché voglio arrivare su The Mall, le 2h32' (= 3'35"/km) sono raggiungibili se tutto va bene, per sfondare le 2h30' la Madonna di Monte Berico deve guardare in basso, oltre le sponde del Tamigi. Un amico che mi conosce bene ha profetizzato:"Farai il personale perché hai riposato!". Ci sono molte analogie con la partecipazione di Berlino 2008, replicate allora anche da mio fratello Matteo che ancora non si spiega il miracolo, quando invece mise in fila cinque settimane oneste senza divagazioni a finalizzate solo alla maratona.
Se mi riesce davvero significheranno due cose: [1] mi sono trasformato in un maratoneta come non avrei mai pensato di diventare; [2] devo tornare a semplificare gli schemi di allenamento. Su questo punto ho già in mente due post dal titolo "back to the basics" e "calcaterrite (5)", anche per festeggiare gli ottimi rientri agonistici del Giorgio nazionale.
Ci sono altre forti analogie con l'esordio a Padova del 2007. Oggi ho eseguito un test di Mader presso lo Studio RX e ho riprodotto gli stessi valori di quattro anni fa. Allora al trentesimo chilometro cominciava il territorio sconosciuto, ma non ebbi paura a transitare a metà gara sotto l'ora e un quarto. Poi fui rallentato da un disturbo intestinale, forse causato da un piatto di uova e asparagi del giorno precedente. Fui raggiunto quindi da Vincenza SICARI, che avevo staccato dopo Castelfranco, e il suo allenatore che la seguiva in bici la incitò a Cadoneghe urlandole "... puoi scendere sotto le 2h30'!". Provai un corto circuito mentale che mi portò a convincermi della possibilità di riuscita, in quanto avevo perso lucidità e riferimenti per elaborare un ragionamento. Mi svegliai dal torpore della fatica e mi lanciai senza troppo pensare lungo l'Arcella e sul cavalcavia della stazione. Conosco bene le strade del centro, ci giravo in bicicletta ai tempi dell'università, ma di quegli ultimi 2km ricordo solo le piante dei piedi che bruciavano su ciottoli e porfido. Dopo l'attraversamento delle piazze entrai nel tunnel di via Umberto I che non lascia intravedere il rettilineo finale fino all'apertura su Prato della Valle. Cominciò allora la lotta col cronometro vinta per pochi secondi (vd. foto nel precedente post).
Che la magia possa ripetersi a Londra? Stessa potenza, minor resistenza, maggior consapevolezza = ... a domenica il risultato dell'equazione.

sabato 9 aprile 2011

Una generazione di giovani coraggiosi (4) - cosa era successo

...   continua e si conclude in breve, fra omissioni e semplificazioni   ...

http://matteo-vivian.blogspot.com/
Ho recuperato la foto dell'incontro nel giugno 1997 con Roberto Luigi QUERCETANI di cui ho parlato in precedente post. Eccoci seduti a discutere amabilmente nel suo salotto di casa: da sinistra Piero MASSAI (compianto dirigente toscano), RLQ e Gianni DEL BUONO, anche lui già citato in altro post fra i coraggiosi non più giovani del 1972.
Sulle mie ginocchia c'è un PC portatile alto come un Big Mac, mentre dalle memorie degli interlocutori colano i ricordi che a riportarli oggi sono ancora più lontani. La frequentazione di GDB in quegli anni mi spinse a reinterpretare quelle che erano nozioni storiche e statistiche che si trovano ben argomentate in tanti testi. E ancor più di tanti ragionamenti vale la trasmissione delle esperienze di chi visse sulla propria pelle l'evoluzione e l'implementazione di teorie che trasformarono un discreto mezzofondista veloce come GDB in mezzofondista prolungato di rango mondiale nel 1972. Cosa era successo per portare all'esplosione di quegli anni?

L'utilizzo dell'interval training si era ben diffuso e aveva prodotto ottimi risultati fin dall'anteguerra con il record mondiale sugli 800m di 1'46"6 da parte del tedesco Rudolf HARBIG (Milano 15/07/1939), un tempo ancora oggi degno di meeting internazionali. Nello stesso anno Taisto MÄKI deteneva i record di 5-10'000m con i tempi di 14'08"8 e 29'52"6, sufficienti nell'ambito nazionale dell'attuale regressione italiana, validi nell'ambito regionale veneto di 20-30 anni fa.

Durante gli anni di guerra crebbe sulla scena internazionale la scuola svedese con l'utilizzo del fartlek, che declinava sul versante resistenza la variazione di velocità, la quale condusse atleti come Gunder HÄGG e Arne ANDERSSON a rincorrersi nei record. Nel decennio successivo ci fu la scuola ungherese che ben si incrociò con ottimi atleti britannici e altri europei per far avanzare i limiti umani.

Nel mezzo ci fu l'esperienza anomala e vincente del ceco Emil ZATOPEK con una personale interpretazione dell'interval training. Fu il primo a utilizzare notevoli volumi di lavoro, impensabili fino ad allora, dimostrando che erano praticabili. Con quale supporto? Chi correrebbe oggi con queste scarpe, benché su pista in terra rossa? Eppure furono le ali ai piedi di Emil verso le vittorie di 5-10'000m alle Olimpiadi di Helsinki 1952. Le scarpe che utilizzò in maratona mi mettono i brividi se le immagino per 42km sull'asfalto. Ci fu anche chi ci rinunciò, come Abebe BIKILA alle Olimpiadi di Roma 1960, e l'immagine dell'uomo scalzo offuscò l'impresa dell'atleta allenato. Ci volle il bis alle Olimpiadi di Tokio 1964 per rendere pieno merito al lavoro di costruzione retrostante alle due vittorie.

Nella seconda metà degli anni '50 era cominciata nell'emisfero australe una profonda riflessione da parte di Arthur LYDIARD NZL su quantità/qualità degli allenamenti e la loro organizzazione per ottenere i migliori risultati: le medaglie dei suoi atleti alle Olimpiadi di Roma 1960 furono il miglior biglietto da visita. Propose l'estensione dei volumi di allenamento anche per i mezzofondisti veloci senza mai dimenticare la forza e la velocità. Lo sviluppo delle componenti anaerobiche doveva avere radici profonde nel meccanismo aerobico.

Nel vicino continente le ispirazioni di Percy CERUTTY AUS diedero la carica a quel ciclone di Herb ELLIOT, già citato in precedente post. Tanto per visualizzare la situazione di allora ho trovato questo commovente video di cui evidenzio 2 particolari: quella specie di test su striminzito treadmill (attorno a 4' della traccia) e l'ultimo minuto sulle leggendarie colline di sabbia a Portsea. Quando si guardò oltre a questi aspetti pittoreschi, poté essere compresa la sostanza della lezione, anche perché Arthur e Percy erano soliti collaudare su loro stessi le teorie prima di trasferirle agli atleti.


Sempre dall'Australia arrivò da parte di Ron CLARKE una grande spinta a esplorare nuove frontiere del mezzofondo prolungato (per tutti i suoi record valga il miglioramento in unica soluzione da 28'15"6 a 27'39"4 sui 10'000m nel 1965) e di Derek CLAYTON che per primo portò il record del mondo di maratona ben sotto le 2h10' alla fine degli anni 60 (2h09'36" Fukuoka JAP 03/12/1967) quando aveva 25 anni. Nel resto del mondo brillarono i già citati Jim RYUN e Kip KEINO, in Europa il più prolifico fu il francese Michel JAZY, primo degli umani dietro a Herb ELLIOT alle Olimpiadi di Roma 1960, il quale continuò l'attività ai massimi livelli per tutto il decennio.

Un altro momento di profonda riflessione ci fu nel 1968 quando si dovette affrontare l'altitudine delle Olimpiadi di Città del Messico. Fisiologi e tecnici furono chiamati a una nuova sfida, vinta dai corridori degli altipiani e da chi era già abituato a salire in quota. Idee e metodologie furono condivise e diedero impulso alla globalizzazione del mezzofondo moderno. Ormai il fuoco era acceso e si diffuse in tutto il mondo atletico con l'applicazione di alcuni semplici concetti, pur in assenza di tanti strumenti che a noi oggi sembrano indispensabili. Poi si cominciarono a raffinare i concetti, disquisendo sui confini fra aerobico e anaerobico, su "quanto" serve per ottenere "cosa", sull'importanza della forza. Tutti semi gettati già da Arthur LYDIARD, i cui principi sono tuttora cari al mondo anglofono. I frutti sono i fantastici record che seguirono e le valorose battaglie fra tanti atleti.

mercoledì 6 aprile 2011

Sliding Doors

Parco Querini, Vicenza
inverno 1982-83
La preparazione alla conferenza di qualche settimana fa mi ha costretto a recuperare delle foto che gli organizzatori hanno proiettato come introduzione ai racconti. All'apertura dei contenitori è uscito di tutto!

Tanto per tornare all'ultimo post di Parco Querini ho riesumato due scatti dell'inverno 1982-83 quando vinsi i campionati provinciali Esercito-Scuola. Sul podio medaglia e maglietta da portare con orgoglio nei successivi allenamenti primaverili. Già allora avevo superato abbondantemente il metro e ottanta, ma superavo di poco i 60kg, poco prima dell'esplosione ormonale: in un paio d'anni avrei aggiunto una decina di chili.

È riemersa anche la foto di una gara premonitrice ovvero la vittoria a una prova del Campionato di Corsa Junior del 1986 a Sanremo (IM) sui 15km, al primo anno di categoria. Era fine settembre e ormai la stagione su pista si era esaurita. Stavo bene e buttando l'occhio sul calendario ci stava questa gara che mi ispirava. Allora la qualificazione tecnica passava per l'attività su pista, ma io ho sempre corso molto bene anche su strada. Avevo vinto un paio di mesi prima anche la prova di categoria a Piovene Rocchette (VI), la gara che da quattro anni, purtroppo, era "Memorial Fulvio COSTA" (qui un accorato ricordo dello stesso Orlando).

Sanremo (IM), settembre 1986
Torniamo a settembre. La gara è in fondo alla Liguria, ma sono l'unico giovane mezzofondista in società a vedere oltre il Mincio. "Papà mi porti fino a Sanremo?". "Subito!". Sempre disponibile ad accompagnarmi ovunque. Sveglia alle 4 di domenica mattina, colazione, partenza da Marostica 04:30 dopo aver raccolto l'amico Maurizio BATTISTELLA (atleta da 3'43" sui 1'500m e 14' sui 5'000m) che mi avrebbe pilotato in gara, planiamo su Sanremo alle 08:30 a bordo della Lancia Thema, seconda rapida colazione, presa visione della zona partenza-arrivo, breve riscaldamento, ore 10 gara. Non ricordo molto, si andava avanti indietro per il lungomare e l'ultimo a staccarsi fu un certo Salah QOQAICHE MAR, tesserato allora per una società calabrese, che qualche anno dopo Salvatore BETTIOL si ritroverà alle calcagna in quella strana maratona olimpica di Barcellona 1992 (osservare il giovane podio 22-24-24 anni e i tempi lenti a causa del caldo e dell'altimetria).
Ci fermammo a mangiare in compagnia degli amici della PAF Verona e il loro presidente Sergio PENNACCHIONI, assente dal campo di gara, volle complimentarsi con me al telefono. Seguirono altre telefonate per convincermi a correre con la sua gloriosa società, inutilmente. La porta verso le gare di fondo si chiuse in quel 1986 per riaprirsi venti anni più tradi (vd. precedente post). Rimasi quindi a crogiolarmi nel mezzofondo sempre più prolungato con qualche puntata verso la mezza maratona. Alla stessa maniera sei anni più tardi fui terzo ai Campionati Italiani di Erba siglando quello che rimarrà il mio personale di 1h04'03", al termine della mia miglior stagione in pista e senza preparazione specifica.

Piovene Rocchette (VI), luglio 1986
Nello stesso post dedicato agli "esordi di maratona" ho descritto anche la strana situazione di Daniele MEUCCI, ancora deciso a rimanere in pista nonostante gli sia palesemente stretta. Forse che il recente cambio di allenatore lo porterà con più convinzione alla distanza più lunga? Riuscirà Massimo MAGNANI a non fargli perdere altro tempo?

PS piccolo quiz enigmistico - alla partenza della gara di Piovene ci sono tanti buoni atleti, quasi tutti hanno smesso, ma il numero 121 è tuttora in attività ed è famoso per le stravaganti imprese. Chi sarà mai? Era in Forestale quando non poteva ancora essere in Polizia. Qui la soluzione.
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