giovedì 30 aprile 2015

Lo Sport del Doping, nuovo protocollo e antico linguaggio (da capire)

Ormai a fine mese, riannodo i fili dell'inizio e continuo la rassegna stampa aggiungendo i contributi di venerdì 3 (strascichi della conferenza stampa) e sabato 4 (intervista a Giovanni De Benedictis sul contributo tecnico del fratello Mario). Nel frattempo mi aspettavo di trovare qualcosa fra le Opinioni Aerobiche, invece il fratello maggiore ha infilato un solo pezzo, commentandolo, di Pier Paolo Pasolini da "Le vittorie di Merckx sono scandali" (Tempo, n.23 a. XXXI, 7 giugno 1969) ... io avevo accettato di partecipare al «Processo alla tappa», invitato dai suoi organizzatori, per una sola ragione: perché mi avevano detto che avrei discusso con Merckx del problema del rapporto tra «nazionalismo» e «sport» ...


cui avevo accennato in una nota (sempre qui, nel «Caos», «Tempo» n.19). Non so per quale ragione, senza preavvertimento se non all'ultimo istante, Merckx è stato sostituito con Adorni (l'unico viso piccolo-borghese, ancorché grazioso, tra tutti i simpatici visi popolari dei ciclisti: Adorni farà, questo è certo, più carriera come annunciatore della televisione che come ciclista).

Così si è parlato del più e del meno, cioè del nulla. Ma ho in compenso intuito, attraverso questa esperienza, ciò che è cambiato e ciò che non è cambiato nel «corpo» di un atleta, rispetto a venti-venticinque anni fa: si è radicalizzato in esso il conflitto tra realtà e irrealtà. La realtà è esistenziale, col suo bello e il suo brutto (nei corridori ciclisti - operai, contadini - prevale il bello, l'innocente, e se la coscienza di classe c'è come in Taccone, è priva di stupida aggressività): l'irreale è la cultura borghese di massa, coi suoi media. Ebbene, in Dancelli, in Taccone, figure umane in carne e ossa viene vissuto il conflitto tra questi due mondi: la loro simpatia umana è insopprimibile, a tutt'oggi, eppure qualcosa tende con violenza a sopprimerla: e loro lo sentono. Lo sentono magari limitatamente alle ingiustizie «pratiche» quotidiane. Essi non osano dire la verità (della loro situazione pratica), ma l'alludono soltanto: se la dicessero farebbero una cosa sconveniente rispetto al «video» e ai loro datori di lavoro. Un atleta ha un solo modo per realizzare pienamente la propria libertà: lottare liberamente per vincere. Le vittorie sembrano invece regolate da una volontà repressiva, che umilia i corridori.

Essi sono dunque fisicamente gli stessi che venti-venticinque anni fa, mentre il loro rapporto reale con noi ha subito irrimediabilmente un ulteriore processo di alienazione e falsificazione. Merckx è un grandissimo campione perché vince indipendentemente da tutto questo. Il corpo di Merckx è più forte del consumo che se ne fa. Le vittorie di Merckx sono scandali. Mi sono permesso di commentare "chissà come riadatterebbe il suo linguaggio PPP al tempo dei social ... o scriverebbe allo stesso modo 46 anni dopo? comunque aveva ragione, soprattutto su Adorni".

Negli stessi giorni, a metà mese, ho visto una comunicazione da Sandro Donati ... tieni sempre presente che se sono sopravvissuto per trentacinque anni in reiterati tentativi di rovinarmi (distruggendo la mia professione di allenatore, denunciandomi, cercando di licenziarmi, tirandomi l’agguato con la caffeina aggiunta nelle urine di Anna Maria Di Terlizzi, eccetera) vuol dire che so valutare. E mi meraviglio che alcuni di quelli che mi hanno sempre sostenuto non capiscano che la posta in gioco vada ben al di là di Schwazer e che io sono solo apparentemente il suo garante ma, in realtà, il garante degli atleti puliti che vedono (giustamente!) con sospetto il ritorno alle gare di un atleta pescato nel doping.

Nel corso di questa storia avremo elaborato con Ronci e D’Ottavio un nuovo e più efficace modello di esame ematico che diventerà una proposta per l’intero mondo dello sport e che le garanzie di cui sono dotato vanno un pochino al di là della dabbenaggine di chi gli ha fatto da portaborracce.

Me la volevo tenere per me fino a quando ho ritrovato gli stessi concetti, estesi, nell'intervista di Daniele Menarini nell'ultimo numero di Correre (367 - maggio 2015, pagg.102-105), dove si parla dell'atleta Schwazer e del tecnico Donati, lasciando fuori processi, scadenze, federazione, CONI e Carolina: forse il miglior riassunto di sempre.

Può aiutare i runner a convincersi della bontà dell'operazione e magari invertire la proporzione 60:40 - per quello che vale - del sondaggio @podisti.net Donati-Schwazer: ne vale la pena? Buona l'intro di Rodolfo Lollini e - per quello che interessa - la cronaca recente aggiunge una puntata al finale. Comunque, barra dritta a Rio, passo dopo passo.

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