mercoledì 10 agosto 2011

Inversione di flussi (2) - Claudio BERARDELLI

...   continua   ...

Claudio BERARDELLI @SpikesMag,com
Come già scrivevo nel penultimo post "spread my ashes here", forse è meglio continuare a episodi più che lasciare puntate aperte. Effettivamente in questo periodo sono successe "tante cose! troppe cose!" e non è solo il titolo del post 24/07.
Dopo un mese e mezzo recupero quindi il post 24/06 e chiudo in attesa di probabili contributi futuri. Mi sono trovato sommerso dalla storia di Renato CANOVA perché l'uomo non risparmia parole (non lo ha mai fatto) e gli attuali mezzi di comunicazione le amplificano e le fanno rimbalzare.

Torno soprattutto all'atleta che avevo lasciato solo indicato, ovvero quel Wilfred Oanda KIROCHI KEN che ha spazzolato tutto nelle categorie giovanili, vincendo fra gli junior (under 20) quando era ancora allievo (under 18), visto che non c'erano ancora manifestazioni mondiali per la categoria. Riuscì a vincere i 1'500m nelle prime due edizioni dei mondiali junior (Atene GRE 1986 e Sudbury CAN 1988), incastrandoci in mezzo anche due mondiali di corsa campestre (Varsavia POL 1987 e Auckland NZ 1988) diversissimi per condizioni di gara: un mare di fango nell'ippodromo polacco, un prato estivo nei campi di golf australi. Tutte gare stravinte, massacrando i giovani concorrenti, fra cui un certo Noureddine MORCELI ALG che avrebbe riscritto pochi anni dopo l'albo del mezzofondo veloce.

Cosa ci faceva Wilfred a Curtarolo nel febbraio 1992? Semplice, i Campionati Regionali veneti di corsa campestre, essendo lui tesserato per la GAAC PAF di Verona. Poco dopo aver ottenuto l'argento ai Mondiali di Tokyo JAP del 1991 e sulla via che avrebbe dovuto portarlo alle Olimpiadi di Barcellona SPA del 1992 è passato anche sui prati e fra le vigne poco a nord di Padova, già allora lottizzati e poco dopo cementificati. Wilfred sapeva correre i cross, anche quelli di 12km e ne diede prova fin dall'esordio della prova senior a 20 anni quando si classificò terzo nell'insidiosa palude in cui si era trasformato il campo di golf a Stavanger NOR 1989. Allora vinse il compagno di squadra Jonh NGUGI KEN (vd. anche precedente post), sempre ultimo al cancelletto di partenza per evitare fughe precoci. Nel mezzo si frappose Tim HUTCHINGS GBR che fu tra i primi a sperimentare la preparazione in altura in Kenya, quasi a mimare i metodi della squadra che si stava dimostrando vincente già da alcuni anni.

CR XC 1992 Curtarolo (PD) - ph. Matteo
l'onda dei giovani tifosi dopo aver staccato KIROCHI
Come andò a finire a Curtarolo? Wilfred si staccò nell'ultima parte e il terzo arrivò ben oltre il minuto. In condizioni normali non ci sarebbe stata gara, anzi, mi sarei onorato di fargli compagnia per quanto mi sarebbe stato concesso, ma Wilfred era fuori forma come spesso gli capitava. In Italia aveva tutto per allenarsi, la sua squadra - che sarebbe diventata la mia nell'anno successivo - lo aveva messo in condizione per avere il miglior allenatore (Lucio GIGLIOTTI) e i migliori compagni di squadra (Gelindo BORDIN; Francesco PANETTA, Salvatore BETTIOL & co.) nella migliore logistica per correre. Questa era la tendenza di allora, iniziata in Italia da Enrico DIONISI con Said AOUITA, perfezionata ed estesa da Gabriele ROSA col gruppo che ebbe in Moses TANUI e poi in Paul TERGAT i massimi alfieri. Si portavano i migliori atleti in Italia per lunghi periodi e si cercava di fornire loro tutto quello che sembrava potesse servire per correre forte. Non sempre arrivavano i risultati perché molto spesso il progetto di vita non coincideva con il progetto di corsa. Forse nessuno chiedeva a loro se fossero felici.

A detta di Renato CANOVA (vd. pag. 9 del thread nel blog di LetsRun) fu proprio Gabriele ROSA a cambiare la tendenza e per primo a trovare le risorse per finanziare i camp direttamente nel paese di origine. Andava spesso di persona in Kenya a controllare l'evoluzione degli atleti, ma i risultati ebbero un'ulteriore evoluzione quando un suo coach di fiducia accettò di vivere con loro, entrando in sintonia e adattando giorno per giorno l'allenamento alle condizioni del momento. Questo stanno facendo Claudio BERARDELLI (per Gabriele ROSA), Gabriele NICOLA (per Gianni DEMADONNA) e Renato CANOVA stesso.

Non è facile scrivere di Claudio perché non si racconta molto e spesso si limita a far parlare i risultati dei propri atleti (vd. recente articolo "Habanera d'Italia" su CORRERE N.322 agosto 2011, pagg.21-22, a firma di Andrea SCHIAVON). Non gli manca la lingua, anzi, ma evita di costruire impalcature teoriche e cerca di portare tempi importanti e vittorie prestigiose di cui descrive i retroscena in maniera molto semplice e basilare.

Per anni ha vissuto mimetizzato nel gruppo di lavoro e solo nella primavera del 2009 ha iniziato a essere riconosciuto con maggior precisione, quando due suoi atleti kenyani Duncan KIBET e James KWAMBAI corsero 2h04'27" a Rotterdam (05/04/2009). Ho trovato un bel profilo su SpikeMag.com (parte 1 e parte 2) che lo descrive alla successiva maratona di Londra "... to pick out a most powerful or influential in the room would be an unfair task, yet chances are you wouldn’t immediately pick out the youthful slender Mediterranean-looking guy, deep conversation with Olympic champion Samuel WANJIRU ..." (vd. precedente post). Tutto in inglese ... be practising!

(da sx a dx) Martin LEL, Claudio BERARDELLI,
Luciano GIGLIOTTI, Stefano BALDINI
solo i tragici eventi kenyani a inizio 2008
hanno permesso l'incontro in Namibia e questa foto
www.stefanobaldini.net
“On occasion I need my athletes to run with a heart-rate monitor but westerners need to understand Kenyans were running in its pure, most natural form long before the advent of the heart rate monitor.”
“Let’s say I have an artistic approach but with scientific foundations, ... the way you have to show to them is artistic because you have to show to them a quick and easy way.”
I don’t believe too much in setting programmes with Kenyan athletes, but I believe that you must be there daily. Dr (Gabriele) Rosa showed me how to understand Kenyans and deal with them. I think that one of my secrets is that I know every single one of my athletes. I know their background, their family and economically how they operate.”
“They are sometimes late (for training) and you have to be patient and calm because they are very sensitive people ... Also never tell them they are not good or out of shape. Use another way around to explain this – use a tricky way.”
“Sometimes they (the Kenyans) can push hard (in training) but the following day go very easy because they feel they have worked hard (the previous day). But I believe the key with the marathon is to add (more) so you have to convince them that even if they are tired they have to add a bit of quality in your training and not to rest completely, so this will improve the quality of workouts.”
“I don’t think I’m so expert. The way I see it is when you are on the track one second means a lot but when you are training for the marathon one second means nothing. It is important for me to deal with track athletes because I am forced to be well organised. ... I believe athletics is becoming very, very competitive and you have to be very specific. If you want to remain in front you have to be very, very focused, and I fear taking on too much.”
“The main problem I have is to know how to push these people. Six days before the Rome Marathon, Benjmain Kiptoo, the guy who won in 2:07:17 was running 35km pushing. What is the limit of these guys? It is difficult to know. These guys are all individuals. Duncan (Kibet) and James (Kwambai) run 130km a week, while other people like Martin (Lel), for example, run 200-220km a week.”

Proprio su questo particolare tecnico Renato CANOVA si è scatenato in un biblico thread nel forum di LetsRun e ha colto l'occasione per una sintesi sull'evoluzione dei metodi di allenamento applicati alle prove di fondo. Un'altra lezione magistrale e il titolo è un omaggio al giovane collega "Duncan Kibet and James Kwambai : the role of Claudio BERARDELLI, and analysis of something new in training". Molto bello e significativo è il ritratto nell'incipit prima di partire per la tangente in 14 entusiasmanti pagine (per i pigri c'è un pratico copia-incolla degli interventi del Coach a pag.12).

06/11/2010 NYC Marathon - pranzo pre gara (sx - dx)
fratello Matteo, James KWAMBAI, ..., Tiziano ROSSI
ogni tanto al fotografo capita di essere fotografato
After the historical Sunday that changed the Marathon in the World, I like to speak about the young Italian coach of both the athletes at 2:04:27 (Duncan Kibet and James Kwambai). Claudio Berardelli is a very young (27 years), motivated and humble person. He's doctor in Science of the Movement, and from about 3 years works in Kenya. Looking at the results of his athletes, at the moment he can be considered the coach number 1 in the World in Middle and long distances.
His Marathon runners are, apart Kibet and Kwambai, Martin Lel, Robert Cheruiyot, Evans Cheruiyot, the number 3 in Paris yesterday, the winner of Rome in 2:07:17 and many others about 2:08.
On track, he's the coach of the Olympic Champion of 1500m W (Nancy Lagat), of the World Champions of 800m M-W (Alfred Kirwa and Janet Jepkosgei), and of the new Matthew Kisorio, second behind Mosop in Kenyan CC Trials.
We share without any stupid secret our experiences in training. If I teached something to him, I learnt a lot from his new experiences. We have to learn from the athletes, discovering every time new possibilities in training, due to the different talent and the different physiology of everybody.
So, we are now trying to better understand the connection between volume and intensity, because Kibet and Kwambai have a training of high quality with little volume (130-140 km per week), many times running only once per day. But, at the same time, Martin Lel and Robert Cheruiyot have a training of high volume. I will explain, step by step, what we are trying to understand and to analyse.

A cosa si riferisce la foto inserita? Noi siamo in quattro seduti all'estremità del grande tavolo di Serafina, noto ristorante italiano nella zona giusta di Manhattan, quella invasa dai maratoneti all'inizio di novembre, e il capo sala ci chiede se può far accomodare allo stesso tavolo anche altri clienti fra cui un atleta da due ore e quattro. Faccio due pensieri: chi può essere? Arrivano, si siedono e parlano in inglese. Allungo l'orecchio e sento che il piccolino di carnagione scura si chiama James. James chi? L'unico James da due ore e quattro che conosco è KWAMBAI. Facciamo una foto? Chi li disturba? Il solito scemo sono io, una parte che mi riesce bene. Dov'è Claudio? Non lontano, poco sulla destra, ma non ha voluto partecipare al quadro. Si è quasi scusato dicendo "è James l'atleta!". La prossima volta non mi faccio fregare e oltre alla foto insieme mi faccio siglare l'autografo. Appuntamento per sabato 05/11 ore 12? Soliti spaghetti alla bolognese? E la rituale Sprite per James? Se invitiamo anche Clio ZAMMATTEO potremmo essere anche più belli (vd. precedente post), ma evitiamo "pastin" di cui sto facendo un discreto carico in Alpago.

Chiudo con le parole di Claudio che terminavano l'intervista su SpikeMag parte 2. “I’m a bit scared as well that everyone says I’m the best coach in the world. Tomorrow I could do the same good job but because of some reason they will say I’m the worst coach in the world.” Hai ragione, Claudio! Effimera è la gloria, ma tu sei già nella storia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella la foto con James Kwambai! Io non ti definirei scemo, anzi, sei stato grande, hai saputo cogliere l'occasione, hai osato, perché non avevi nulla da perdere, ma solo da guadagnare una bella foto con un grande campione. E ci sei riuscito!
"Carpe diem, seize the day, boys. Make your lives extraordinary". ( dal film "L'attimo fuggente ")

A.D.

Enrico VIVIAN ha detto...

in certe cose sono proprio "stupido"! se mi riescono bene posso dirmi "bravo", se non mi riescono mi dico "bravo mona"

non è poi sta grande impresa chiedere una foto, ma al mattino successivo non mi è riuscito di disturbare il grande Haile sotto il tendone di partenza

da rileggere il resoconto postato da Andrea RIGO quando mi ha concesso spazio nel suo blog prima che aprissi il mio

http://andreadicorsa.blogspot.com/2010/11/la-mia-new-york-by-enrico-vivian.html

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