giovedì 19 gennaio 2017

il lato Culturale dell'Atletica (Ugo Ranzetti)

Dovendo riassumere quasi 20'000 battute, chi rilancia l'intervista coglie il lato Politico, ma leggendo tutta l'intervista di Vanni Lòriga si arriva a quello Culturale che sta nel titolo ...


Quale era la vera debolezza di questa struttura (federale)? Essere basata su concetti chiaramente antitetici alle possibilità di ricerca, programmazione, guida e controllo del movimento nazionale, per il quale, come in tutti i fenomeni umani, trattandosi anche per l’atletica di un fenomeno squisitamente ed umanamente culturale si affida il progresso alle menti migliori ed alle saggezze più elevate del movimento stesso.

... In sintesi, mentre i settori giovanili hanno prodotto gli abituali buoni risultati, cosa che sarebbe normalmente avvenuta grazie al nostro ottimo movimento di base, a livello di vertice le forze si sono disperse in esperienza personali, prive di guida centrale e di controllo tecnico plurimo, sociale e federale.

In definitiva non ha funzionato l’intero progetto, pensato su base politica e non tecnica. Temo che non ci sia speranza di un vero mutamento di rotta, per cui mi è dato pensare che il peggio potrebbe purtroppo ancora venire.

... Vedere nella squadra olimpica di maratona soggetti maschi e femmine che erano già presenti nel quadriennio 2000/2004, vuol dire che nei due cicli olimpici non si è stati in grado di rinnovare la squadra a livelli decenti, pur avendo un C.T. delle squadre assolute ed uno delle squadre giovanili in tutto e per tutto espressione dell’ambiente.

A livello centrale ridare vita ai Settori Tecnici (si cambi pure nome se si vuole cancellare qualcosa del passato) per dare alla periferia un elemento di guida e riscontro tecnico per evitare la perdita di un formidabile patrimonio tecnico accumulato in decenni di grande attività.

Serve che almeno uno dei tecnici anziani e ritenuti più idonei a trasmettere cultura tecnica sia l’elemento di riferimento per la programmazione dell’attività degli atleti e garanzia culturale per la corretta applicazione delle conoscenze da attuare sul campo.

... E cosa si dovrebbe fare nell’ambito culturale? Il progetto attuale di formazione dei tecnici è vecchio di almeno trent’anni. Lo avevo concretizzato proprio io ed io stesso avevo anche segnalato, alla luce della mutata realtà culturale dei nuovi tecnici e dell’ambiente territoriale, la necessità di rivedere il sistema, non più adeguato ai bisogni di apprendimento dei nuovi utenti.
... I problemi rimangono e gravissimi alla soluzione dei quali si dovrebbe porre mano ad una revisione del percorso di formazione e di aggiornamento dei tecnici. Tra le cause della mancata maturazione verso l’alto livello di molti nostri talenti giovanili sono anche la conseguenza di una carenza culturale, che poi si tramuta in capacità organizzativa della evoluzione tecnica del singolo atleta.

Ormai si sta cancellando la memoria storica della grande atletica del passato. Non è riunendo ad Abano nel contesto della manifestazione “Atleticamente”, di cui Ponchio è autore e guida, che si qualifica un tecnico come specialista, ma è impostando corsi di formazione e specializzazione con tenuti tecnici attuali e soprattutto con percorsi didattici dall’esordio alla specializzazione che si ricostruisce un patrimonio tecnico che si tradurrà inevitabilmente in risultati tecnici.

Esempio: alla fine degli anni Sessanta, Mario Di Gregorio, allora responsabile del mezzofondo, organizzò il primo (non primissimo, perché il primo in assoluto fu frequentato da Enzo Rossi e Piero Massai con altri ormai defunti) corso di specializzazione nel mezzofondo, fondo e marcia. Prima tappa 15 giorni a Formia con studio di rara intensità dal mattino alle 8,30 fino alle 11.30 di sera, di tutto quanto era l’attualità tecnico scientifica del momento.

Ecco alcuni nomi del gruppo originario: Arcelli, Assi, Cazzetta, Clemente, D’Agostino, Gigliotti, Lenzi, Leone, Ranzetti, Tordelli (e altri di cui ho perso le tracce) ma questi bastano per ricordare una generazione che ha raggiunto grandi traguardi grazie all’approfondimento culturale, di cui la metodologia dell’allenamento nei suoi percorsi didattici era in grado di seguire passo dopo passo la formazione dell’atleta, dall’avviamento al traguardo internazionale. Tutti intercambiabili ed in costante scambio di esperienze e di opinioni in dipendenza del fatto che avevamo ricevuto tutti uno stesso modello formativo di base in grado di proiettarci anche nella ricerca tecnica a ragion veduta.

In fondo la Fidal ha abbandonato l’idea che l’atletica sia un fatto culturale. Credo che sia assolutamente necessario un progetto globale di formazione ed aggiornamento dei tecnici, impostato su altre basi rispetto a quelle attualmente in uso. Quindi un problema serio di diffusione della metodologia, su tutto il territorio nazionale, per portare con programmi poliennali il principiante ai traguardi massimi compatibili con le sue possibilità. Se ci si chiede come mai i tanti nostri talenti giovanili non maturano verso l’alta prestazione può darsi che talvolta dipenda anche dalla decadenza delle conoscenze tecniche.

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