mercoledì 30 marzo 2011

Maratona di Roma 2011 - by Davide VIVIAN

Mio fratello Davide ci racconta la sua esperienza alla Maratona di Roma di dieci giorni fa. Un suo ritratto all'interno del quadro di famiglia in precedente post. A lui la parola.

L’atleta 21-42 è un animale sociale e solitamente si allena e gareggia in gruppo. Così è stato per me a Parigi e a New York nel 2010, ma stavolta ho deciso di sganciarmi e procedere da solo. Mentre il gruppo puntava deciso su Londra ad aprile, io mi sono iscritto a Roma. La maratona era fissata in prossimità del compleanno di mia moglie e quindi ne abbiamo approfittato per un fine settimana nella Capitale.
Venerdì mi reco subito al Marathon Village, situato nel quartiere EUR a una quindicina di minuti di metropolitana dal centro ed altrettanti minuti di passeggiata dalla fermata. Il ritiro del pettorale e del pacco gara è agevole; all’interno del palazzo si snoda un lungo percorso obbligato a serpentone che porta ad attraversare tutti gli stand espositivi. Acquisto solo degli integratori per la gara, poi scorro via veloce gli altri stand: preferisco tornare in città e godermi il pomeriggio tra i monumenti del centro.
Domenica mattina, giorno della gara. Faccio colazione in camera e alle 7:00 sono in strada. Pochi minuti a piedi e sono al Colosseo, nella zona di partenza. C’è gente, ma non c’è confusione. Consegno lo zaino senza problemi e circa un’ora prima del via entro nella griglia di partenza. Anche qui con tranquillità, senza ressa.
Il via viene dato con qualche minuto di ritardo (ore 9:06, non prima di aver intonato l’inno nazionale) ed il transito sui Fori Imperiali è veramente entusiasmante. Pur essendo partito nella griglia giusta, mi sono trovato intruppato e alla prima salita, dopo neanche un km, sono costretto a rallentare! Il primo km risulterà il più lento di tutta la corsa: 5’20”. Dopo poco il gruppo si allunga e non ci sono più intoppi. I km compresi tra il 3° ed il 12° sono i meno belli della corsa, ma passano in fretta, sono i primi e le gambe girano facili. Al 12° km si passa a fianco del Tempio di Vesta e della Bocca della Verità (S.Maria in Cosmedin): qui si incontra un po’ di tifo ed inizia un bel tratto lungo il Tevere, fino a Ponte Cavour. Si attraversa il fiume e ci si dirige verso Piazza San Pietro (17° km): molto emozionante percorrere Viale della Conciliazione con in prospettiva l’abbraccio della Basilica e del suo famoso colonnato.Lambita la piazza, il percorso punta a nord e si passa a metà gara un po’ prima della zona del Foro Italico. Qui inizia la parte più impegnativa della corsa: i km iniziano a farsi sentire, la strada è larga e fuori dal centro abitato e pure il caldo inizia a colpire. Onestamente, pensavo fosse più difficile, invece questo tratto è passato abbastanza facilmente. Segnalo il lungo cavalcavia in salita che porta sul ponte che attraversa il Tevere e si conclude al 25° km. E’ il punto di svolta della corsa, nel senso che è il punto più distante dalla partenza: da lì inizia il ritorno verso il centro.
pit stop 40km - piazza Venezia
Si fiancheggia sempre il fiume su un ampio stradone fino al 33°km, dove ci si tuffa in un lungo sottopasso con discesa e salita abbastanza impegnative e si sbuca all’altezza del Mausoleo di Augusto e dell’Ara Pacis. E’ un momento importante: inizia “il muro” per molti atleti, ma anche la parte più bella della corsa, perché si ritorna in centro storico e si ritrova un po’ di tifo. In rapida successione si attraversano Piazza Navona, Corso Vittorio Emanuele (35° km), Via del Corso, si compie il giro di Piazza del Popolo, Via del Babuino, Piazza di Spagna e Trinità dei Monti. Siamo al 38° km ed inizia la parte più dura: una discesa porta alla Fontana di Trevi e da qui parte una ripida e dissestata salita che si conclude con il 39°km; di nuovo discesa fino a Piazza Venezia e poi ancora discesa impegnativa dopo il Campidoglio ed il Teatro di Marcello. Ora ci aspettano le ultime due salite abbastanza dure: una prima del Circo Massimo e l’ultima, lunga, non finisce mai, che abbraccia il Colosseo e conduce al rettilineo finale, bellissimo, sempre sui Fori Imperiali.
Il ritiro dello zaino è agevolissimo, non c’è ressa: i camion sono stati suddivisi per fasce diverse di pettorale (ad esempio: da 0-500 e 10.000-10.500, cosicchè i 1.000 atleti non arrivano tutti assieme a ritirare lo zaino allo stesso camion dopo la corsa, come è successo a NY).
Per me è stata una corsa molto gratificante. Mi ero allenato poco a causa di una tendinite che tuttora mi perseguita ed ho ottenuto un risultato onesto. Ho corso in maniera regolare, senza pressioni e mi sono proprio goduto la gara ed il percorso, soprattutto nella magnifica parte finale. E finalmente ho finito correndo! Gli ultimi due km, nonostante le salite, sono stati i più veloci.

lunedì 28 marzo 2011

w12/2011 - ricomincio a correre

Dopo otto giorni di completo riposo per provare a sistemare definitivamente i danni, anche una settimana da 80km mi sembra impegnativa. Ho corso ogni giorno un po' di più e nel week end ho provato ad allungare fino a 15km, arrivando sabato a stabilizzarmi sul ritmo di 3'50"/km e impegnandomi ieri a 3'40"/km ben distribuito per tutta la distanza. A livello respiratorio e cardiaco mi sembrava di passeggiare, ma le cosce urlavano. Il ginocchio sinistro non era contento e i polpacci ancor meno, forse perché ho calzato dopo un mese le scarpe intermedie che li costringevano a lavorare di più. Sono comunque riuscito a mantenere l'assetto, presupposto necessario per tentare i 42,2km. Tutte da verificare le reazioni nei prossimi giorni in attesa del prossimo week end in cui prevedo di allungare le distanze di almeno 5km. Solo resistenza per la distanza e niente potenza, che è sempre esuberante appena torna la salute.
Non fosse Londra ma una qualsiasi maratona italiana avrei già rinunciato. Mi è ben chiaro nella memoria lo sforzo della Treviso Marathon 2008, quando un'influenza mi fermò due settimane prima. Mi rimasero tanto mal di gambe e una brutta tosse che mi perseguitava dopo ogni corsa. Mi feci convincere a partire da Vittorio Veneto e, nonostante tutto, non fu difficile scendere a Ponte Priula sul passo di 3'30"/km. Poi iniziarono le grandi difficoltà, che provai a gestire, nonostante aumentassero di km in km. Non incontrai il punto di appoggio previsto per i disperati attorno a 30km, ma ebbi la fortuna di essere superato dal furgoncino raccolta VIP - lepri e cacciatori di traguardi intermedi - e trovai l'ultimo posto libero verso la zona di arrivo. Quattro settimane dopo mi riuscì di raggiungere con le mie gambe il traguardo di Prato della Valle in 2h33', nonostante il ripetersi delle difficoltà nella seconda metà, esasperate dal primo caldo primaverile. Ci volle poi un altro mese per tornare a correre degnamente.

Chi mi legge da sud potrà dirmi "sei in ritardo di un mese" e forse più. Confermo che la stagione si è rinnovata anche al nord. Peccato per l'orizzonte opaco, niente a che vedere con l'aria tersa della settimana scorsa.
Chi aveva gambe ieri ha corso bene: temperatura giusta e irraggiamento limitato. Finalmente è possibile muoversi senza coprirsi molto.

Marostica, 27/03/2011, foto dal Castello Superiore

giovedì 24 marzo 2011

Sono forti sti americani (3) - la rinascita del mezzofondo USA

Riprendo la risposta finale di Jeff GALLOWAY dall'intervista di Daniele MENARINI pubblicata nel penultimo numero di CORRERE (nr. 316 febbraio 2011, pagg.35-36) e già segnalata in precedente post. Come è rinato il mezzofondo statunitense?
"Da un po' di anni ha ripreso vigore l'attività nelle scuole. Ad alto livello sono aumentati i raduni collegiali e i migliori si allenano spesso assieme. Non è che debbano per forza essere amici, ma trovano uno stimolo in più nel lavoro in comune. Alcuni campioni simbolo oggi sono allenatori, basti pensare a SALAZAR, e questo è un elemento di forte motivazione. La più grande azienda del running ha investito molto in un progetto a lungo termine, con l'obiettivo di avere nuovamente americani forti che possano entusiasmare il pubblico. Nessuna di queste componenti da sola basterebbe a ottenere risultati, tutte insieme sì."

Riassumo i 4 punti indicati da Jeff per la rinascita del mezzofondo USA
  1. attività nelle scuole
  2. raduni collegiali
  3. campioni simbolo
  4. progetto a lungo termine

Estendendo i pensieri all'atletica tutta, e non solo al (mezzo)fondo, la ricetta USA è replicabile in Italia?
  1. L'attività nelle scuole è lasciata all'iniziativa degli insegnanti e alle collaborazioni con le società sportive, dove ci sono. L'attività universitaria è ridotta ai Campionati Nazionali, nulla a che vedere con il coinvolgimento, il valore e la visibilità dei Campionati Universitari statunitensi NCAA dove continuano a forgiarsi fior di campioni da tutto il mondo, intenti a completare in USA il corso di studi fino alla laurea.
  2. I raduni collegiali italiani sono gestiti dalla federazione con criteri meritocratici in base alle prestazioni in ambito giovanile (vd. recente convocazione), con valutazioni di opportunità e disponibilità in ambito assoluto (vd. recente convocazione) oltre alle prestazioni ottenute.
    Quanti non militari riescono a usufruire di queste opportunità di crescita? Non molti, se poi guardiamo il risultato finale, ovvero le convocazioni dell'attività assoluta. Consideriamo gli ultimi
    Campionati Europei Indoor: su 27 atleti, solo 1 maschio e 2 femmine non sono militari.
    Quali altre opportunità per un giovane talentuoso e volonteroso? Qualcosa di paragonabile al programma statunitense
    RunPro all'interno dei nostri confini? The purpose is to assist promising young distance runners in making the transition from collegiate to professional running.  The intent is to provide athletes with a comprehensive overview of what it takes and what is involved in becoming a professional distance runner - competing on the track, the roads and in cross country.  By increasing the number of talented runners training at a high level - from the 800 meters up through the marathon - the U.S. will continue its re-emergence towards competitive excellence in long distance running both nationally and internationally.
  3. Ci sono servizi di tutor da parte della federazione in tutte le specialità e fra le tante funzioni alle quali è reclamato Stefano BALDINI c'è pure quella di futuro allenatore per la maratona. Basterà? Tanti risultati in Italia sono nati dal confronto fra i vari gruppi legati a Luciano GIGLIOTTI, Giorgio RONDELLI, Giampaolo LENZI, Gaspare POLIZZI, Gabriele ROSA ... come adesso negli USA nascono dai gruppi legati al già citato Alberto SALAZAR, Jerry SCHUMACHER, Terrence MAHON, ... che sono attraenti anche per atleti esteri come il pluricampione europeo Mo FARAH che sta raccogliendo i primi frutti (vd. esordio vincente nella recente mezza di NYC). A metà anni 80 lo stesso Giorgio RONDELLI portò i suoi campioni Alberto COVA e Francesco PANETTA a correre con Alberto SALAZAR, tutti vergati con lo swoosh.
  4. Nike è una realtà planetaria, ma la sue radici sono nelle foreste dell'Oregon e un sano orgoglio nazionale hanno fatto investire molto in un progetto per lo sviluppo del mezzofondo USA. Al comando proprio Alberto SALAZAR, uomo Nike da sempre. Potevano gli altri marchi di materiale sportivo lasciare libera la scena? No di certo. Adidas, Asics, Brooks, Mizuno, New Balance, Reebok, Saucony, ... a inseguire Nike.
    È fantascienza pensare che in Italia un colosso come GEOX, azienda veneta fino all'osso, che si è comprato il marchio DIADORA, abbia voglia di investire nell'atletica come ha già fatto per il ciclismo? Ci penserà Gelindo BORDIN, alla direzione commerciale del marchio sportivo, a convincere Mario Moretti POLEGATO, fondatore e presidente dell'intero gruppo? Basterebbe lo stipendio di un Danilo DI LUCA per iniziare qualcosa di decente.
Per chi volesse avere un taglio particolare delle vicende atletiche USA negli ultimi anni consiglio la lettura del libro Run To Overcome di Meb KEFLEZIGHI. Tanto amore per il paese che gli ha dato l'opportunità di crescere come uomo, come famiglia, come atleta lo ha fatto diventare cittadino USA, senza mai rinnegare le sue radici eritree. Se Meb fosse rimasto in Italia, dove arrivò nel 1986 come profugo dalla guerra con l'Etiopia, cosa sarebbe stato di lui?
Altro appunto per chi ritenesse troppo facile per gli USA naturalizzare atleti già forti, magari come Bernard LAGAT, cresciuto comunque nella Washington State University, dove sbocciarono molti talenti kenyani. L'intenzione di procedere con l'italianizzazione di stranieri che si distinguono nelle categorie giovanili è già nei programmi della FIDAL, più volte ribadita dal presidente Franco ARESE. OK, ma quando riusciremo a portare quattro visi pallidi italiani sotto i 13' sui 5'000m come già successo in USA (Bob KENNEDY 1996, Dathan RITZENHEIN 2009, Matt TEGENKAMP 2009, Chris SOLINSKY 2010)? Noi siamo fermi ancora al 13'05"59 di Salvatore ANTIBO 1990.

martedì 22 marzo 2011

20 marzo 2011 - una domenica densa di gare

Nella prova senior maschile dei campionati del mondo di corsa campestre ho fatto il tifo per Geoffrey Kiprono MUTAI KEN perché avrei voluto intitolare il post "la maratona fa bene al cross e viceversa". Quasi un ritorno al passato quando i maratoneti non disdegnavano. Geoffrey ha corso due splendide maratone nel 2010 - Rotterdam 2h04'55" e Berlino 2h05'10" - e ha sbaragliato la concorrenza ai Trials di cross un mese fa (vd. riassunto di presentazione). Sul tracciato di Punta Umbrìa SPA non c'è stata storia con Imana MERGA ETH che ha piazzato la sua devastante volata dopo aver controllato ogni allungo dei kenyani sull'erba rasata quasi fosse un campo di golf. Nessuno nel gruppo di testa è stato rallentato da strappetti e tronchi di traverso sul percorso, tanto ci danzavano sopra. Da tenere d'occhio questo etiope perché non teme nessuno in qualsiasi condizione tattica.
Purtroppo il mondiale di cross non riesce più a radunare tutti. Ci è mancato il riscontro con alcuni fortissimi atleti che hanno preferito gareggiare altrove: Zersenay TADESE ERI (vincitore nel 2007 a Mombasa KEN e sempre protagonista) è stato richiamato da ingaggio, premio e bonus della Mezza di Lisbona dove l'anno scorso fece il record del mondo e stavolta lo ha sfiorato di 8"; Mo FARAH UK e Gebre GEBREMARIAN ETH (vincitore nel 2009 ad Amman JOR come a NYC 2010) hanno scelto di giocarsi in gran volata la Mezza di NYC. Per come ha risposto e rintuzzato la volata di Gebre, Mo avrebbe potuto prendersi la rivincita su Imana della millimetrica sconfitta alla BoClassic oggetto di disquisizione del primo post.
Bravi e fortunati gli organizzatori della BoClassic 2010, perché la vincitrice della gara di San Silvestro ha prevalso anche nella prova senior femminile, quella Vivian CHERUIYOT KEN che sembra poter essere contrastata solo dalle etiopi Meseret DEFAR e Tirunesh DIBABA nelle condizioni migliori, sia nei cross che in pista. In questa gara c'è stata una delle poche invasioni bianche sui podi monopolizzati dall'Africa: Shalane FLANAGAN USA è salita sul gradino basso e ha trascinato la sua squadra nella stessa posizione. Come fare di meglio? Quanti paesi ci credono ancora? Quanti sono in grado di mettere in campo tre atlete sotto i 15' sui 5'000m (oltre a Shalane, Molly HUDDLE e Lisa KOLL)?
La FLANAGAN non ha dubbi: se vuoi confrontarti con le migliori devi correre il mondiale di corsa campestre. Un tempo questa era la norma per tutti. Torno quindi al tema di apertura e segnalo una bella intervista a Bill RODGERS USA che ricorda il suo terzo posto al mondiale di Rabat MOR 1975 nel mese precedente alla prima vittoria di quattro nella maratona di Boston (da leggere due aneddoti sulle scarpe dimenticate e quelle regalate). Non c'erano dubbi che il cross fosse il miglior viatico verso la maratona, perché non c'erano tante distrazione dalle corse su strada e perché non vigevano ancora sofismi e fisime sulla periodizzazione. Miler contro maratoneti, tutti contro tutti nel cross, orgogliosi di rappresentare il proprio paese.
Un anno speciale fu il 1983 quando accadde un doppio incrocio fra i migliori maratoneti del momento: 20/03 nel campionato mondiale di cross su un terribile percorso a Gateshead UK (video in 3 parti)
2° - Carlos LOPES POR 36'52" (completino celeste)
4° - Alberto SALAZAR USA 36'53" (unico in calzamaglia e maniche lunghe)
6° - Robert DE CASTELLA AUS 37'00" (canotta gialla)


e tre settimane più tardi 09/04 nella maratona di Rotterdam (download del video in formato .rm)
1° - Robert DE CASTELLA 2h08'37"
2° - Carlos LOPES 2h08'39"
5° - Alberto SALAZAR 2h10'08"
Carlo LOPES ripetè l'accoppiata anche nei due anni successivi, quando vinse ambedue i mondiali di cross (NYC e Lisbona) e ottenne il record del mondo di maratona nel 1985. Nel frattempo aveva vinto la prova olimpica di LA 1984, dove Alberto e Deek si sciolsero al sole della California.

domenica 20 marzo 2011

w11/2011 - Londra fumata

Di sicuro la prestazione è andata a ramengo, ma non rinuncio all'idea di correre a Londra. Sono stato fermo tutta una settimana, pur di salvare la partecipazione, ho fatto terapie a cui non mi sono sottoposto nel recente passato, visto che non c'era il tempo di attendere i naturali processi di autoriparazione a cui solitamente mi affido. Faccio ginnastica e allungamento, soprattutto per la catena cinetica posteriore da cui deriva sta disgrazia.
Tutto è cominciato con un affaticamento che imputavo ai gemelli, giusta conseguenza di allenamenti che avrebbero dovuto essere qualificanti (vd. commento alla Montefortiana). Ancora nel post del cross di Pescantina imputavo la difficoltà al gastrocnemio, perché nel frattempo le sofferenze muscolari alle cosce erano state recuperate. Invece avevo innescato la bomba nel muscolo popliteo, che si pone di traverso al di sotto del polpaccio e ha fatto infiammare l'inserzione nella faccia esterna del condilo laterale del femore (vd. zona cerchiata nell'immagine). Tanto il muscolo era congestionato che sembrava nascondere delle cisti di Baker o far presagire danni alle strutture cartilaginee e legamentose del ginocchio. Niente di tutto questo, dice l'esito della RMN. Rimosso il tanto fumo sintomatologico, è rimasta la sofferenza specifica originaria. Nell'attesa della disinfiammazione si riassorbirà anche l'edema del pivot. Parola di grande ortopedico.

Quante altre volte mi è andata male (senza tirarmi troppa sfortuna)? Dopo la narrazione di un aneddoto positivo la settimana scorsa, è il turno di un aneddoto negativo, che sarà citato per altri versi in un futuro post. Successe nella primavera del 1995 quando stavo raccogliendo i primi risultati di un buon inverno in continuità. Correndo sugli argini del Monticano subî una distorsione alla caviglia sinistra, una delle tante che non fa gonfiare il piede e non duole tanto da stare fermi. Non ci pensai, continuai a correre nei giorni successivi e cominciai bene la mia stagione in pista. Le sollecitazioni sull'articolazione instabile cominciarono a segnarla con un'infiammazione sempre più fastidiosa. Tanto si scombinò l'assetto che i problemi rimbalzarono anche sulla gamba destra e ai Campionati Universitari di fine maggio non riuscî a completare i 10'000m. Continuai per un mese a trovare rimedio, correndoci sopra. Poi ci vollero mesi a ristabilire l'equilibrio.

StraVicenza 2011 - passaggio in Piazza dei Signori di fronte alla Basilica Palladiana

In un successivo post il riassunto di questa densa domenica di gare: StraVicenza (quanti miglioramenti fra gli atleti che consiglio!), Campionati del Mondo di Corsa campestre, Maratona di Roma, Mezza Maratona di Lisbona e di NYC, ...

giovedì 17 marzo 2011

Sono forti sti americani (2) - Jeff GALLOWAY

Vicenza, 14/11/2010 - gruppo in partenza
Anche se lavora e rappresenta una colonna portante per l'altra sponda editoriale, nel penultimo numero di CORRERE (nr. 316 febbraio 2011, pagg. 35-36) c'è una breve e densa intervista a Jeff GALLOWAY di Daniele MENARINI risalente ai giorni di metà novembre scorso in cui è passato anche per Vicenza.

La conversazione inizia da quel 1972 in cui esplose la storia del mezzofondo prolungato e Jeff fu uno dei pionieri alla ricerca di nuove frontiere. Fu un ottimo atleta, avrebbe potuto accompagnare Frank SHORTER nella doppia partecipazione olimpica 10'000m-maratona, ma preferì segnare i Trials di Eugene (OR) con quel gesto di generosità verso il compagno di squadra Jack BACHELER nella prova più lunga che iniziò anche la sua attività post agonistica. Per mantenere un buon livello di fitness anche per se stesso ha elaborato il sistema che lo ha reso famoso in tutto il mondo, quel run-walk-run che è il suo marchio di fabbrica per chi inizia a correre (in testa anche nelle ricerche di Google). Un approccio molto cautelativo per la salute e socializzante perché applicabile ad ampi gruppi.

Angela Weaver traduce Jeff GALLOWAY
Leggevo Jeff GALLOWAY, conoscevo il suo metodo, ma per comprenderli ho dovuto incontrarlo e praticarlo insieme al gruppo di una trentina di persone che si è riunito a Vicenza. Non sono solo 40 anni di esperienza, ma Jeff ha una comunicatività semplificatrice tutta intenta a farsi capire, il perfetto inverso di alcuni guru di casa nostra. Per chi ha cinque minuti di pazienza allego un esempio del grande Carlo VITTORI che commenta la corsa di Matteo GALVAN nella primavera del 2006: molto impegnativa la seconda metà della prima pagina. Si rimane incantati dalla corsa di Matteo, uno spettacolo, non certo dalla descrizione che ne fa VITTORI.

Per raccogliere il servizio fotografico ho partecipato anch'io alla lezione magistrale in run-walk-run attraverso il centro di Vicenza e ho apprezzato un particolare tecnico che normalmente passa in secondo piano. Corsa e cammino sono due azioni completamente diverse e durante il cammino sono resettati i parametri di corsa per essere reimpostati all'inizio dell'azione successiva. Quindi durante il cammino non solo si recupera a livello fisiologico (si abbassa la frequenza cardiaca, diminuisce la ventilazione, ... si smaltisce la fatica), ma viene anche risistemata l'azione di corsa nel momento in cui si riavvia. Questo permette di evitare l'accumulo di errori e sovraccarico che deprimono l'efficacia tecnica e sono prima causa di infortuni.
 
Vicenza, passaggio Running School in piazza dei Signori di fronte alla basilica Palladiana

martedì 15 marzo 2011

Una generazione di giovani coraggiosi (3) - gli italiani

 ...   continua   ...


Torniamo alle Olimpiadi di Monaco 1972 dove il 20enne Pietro MENNEA portò a casa un insperato bronzo nei 200m, iniziando un'inimitabile carriera, mentre il 28enne Franco ARESE non riuscì a convertire in medaglia olimpica il fantastico oro dei Campionati Europei di Helsinki dell'anno precedente.


In quegli anni si stava seminando molto per il futuro. Alcune tracce si trovano anche nell'ultimo numero della rivista federale Atletica 01_2011 dove è riassunta in breve la gloriosa storia di Luciano GIGLIOTTI (pagg. 48-51) che fonda le sue radici proprio in quegli anni.

Un atleta che emerse a risultati di valore mondiale in quel settembre del 1972 fu il 29enne Gianni DEL BUONO, che non trovò gli spazi giusti nei 1'500m alle Olimpiadi, ma al ritorno riscrisse in 11 giorni parte dei record italiani (13/9 Roma 5'000m 13'22"4; 17/9 Rieti 3'000m 7'49"4; 24/9 Reggio Emilia 2'000m 5'00"0), rompendo l'egemonia di Franco ARESE che per qualche mese li monopolizzò dagli 800m (1'47"1) ai 10'000m (28'27"0), poco prima che i record nazionali entrassero in una dimensione mondiale, segnati da atleti più specializzati rispetto a un miler con una grande escursione competitiva che in quegli anni toccò anche la maratona.

Gianni e Franco si riservarono il tempo per maturare il loro talento e contribuirono a trascinare i giovani nati nel decennio successivo. Alle Olimpiadi di Monaco 1972 esordì un 20enne Franco FAVA nei 3000st, dopo aver migliorato il record italiano a Oslo nel mese precedente, e si arenò in semifinale. Crebbe molto negli anni successivi e mancò di poco la medaglia ai Campionati Europei di Roma 1974, dove migliorò per l'ultima volta il record italiano fino a 8'18"85, battuto dai migliori specialisti dell'epoca. Grande volata fra il polacco Bronislaw MALINOWSKY e lo svedese Anders GARDERUD che vinceranno rispettivamente le Olimpiadi di Mosca 1980 e di Montreal 1976.


Nei 3 anni successivi Franco FAVA migliorò i record nazionali dai 3'000m fino all'ora in pista (7'42"65 nei 3'000m; 13'21"98 nei 5'000; 27'42"65 nei 10'000; 20,416km nell’ora su pista). Per i palati fini ci sono anche 10 partecipazioni ai mondiali di corsa campestre giungendo 9 volte fra i primi 10. Rimane sua la miglior posizione di sempre di un italiano (4° nel 1977 a Düsseldorf). Qui si trovano un'intervista in merito alla famosa tachicardia, un affettuoso e puntuale ritratto, un intenso scambio di battute.

Degno passaggio del testimone a Venanzio ORTIS, 3 anni più giovane di Franco, che nell'estate del 1978 a 23 anni sottrasse a Franco FAVA i record di 5 e 10'000m (13'20"8 e 27'31"48) e soprattutto vinse due entusiasmanti medaglie ai Campionati Europei di Praga. Nei 10'000m si corse su ritmi da record del mondo e, riguardando la gara, Venanzio sembra quasi accontentarsi della sua prova superlativa verso l'argento. VAINIO non era più forte di lui, solo più consapevole.



La controprova ci fu subito nei 5'000m quando Venanzio ci credette davvero, trovò il varco e il guizzo vincente, mettendo tutti in riga. Tre attori di questa volata resistettero ai massimi livelli fino alle Olimpiadi di Los Angeles 1984 dove si unirono in un insolito destino: lo svizzero Markus RYFFEL fu l'ultimo a staccarsi dall'imponente Said AOUITA sui 5'000m, il finlandese Martti VAINIO tentò in tutti i modi di staccare Alberto COVA sui 10'000m (l'argento gli fu tolto dalla successiva squalifica per doping), l'irlandese John TREACY fu l'ultimo a staccarsi dall'inarrestabile Carlos LOPES nella maratona.


Motori eccezionali in semplici ragazzi italiani, come ce ne sono molti in giro anche ai nostri giorni, che si dedicarono con grande passione e coraggio a coltivare il proprio talento.

...   continua   ...

lunedì 14 marzo 2011

w10/2011 - ginocchia che si bloccano

Leggo quanto scritto una settimana fa e la risposta è negativa: non sono stato in grado di correre in equilibrio. Giovedì mi sembrava di avere invertito la tendenza involutiva - sprazzi di buone sensazioni e visione di luce in fondo al tunnel - invece venerdì mi sono fermato a un paio di chilometri da casa, quando il dolore e la zoppìa sono diventati insopportabili. Sono tornato camminando. Mi era successo di peggio due settimane prima, quando ho camminato lungo la discesa di fronte a casa e non sono riuscito a correre nemmeno in piano. Così sono subito rientrato.

L'origine della difficoltà è visibile nella scansione RMN del ginocchio sinistro, evidenziata in rosso. Ho ritardato la pubblicazione del post sperando di avere già oggi un consulto con l'ortopedico e comunicare la notizia definitiva. Ha senso trascinarsi così e dilatare i tempi di guarigione? O sto facendo maggiori danni?

Non voglio ancora desistere dall'obiettivo London Marathon, perché dubito di avere futura occasione di andarci. Mi sono fatto capofila presso l'agenzia di viaggio, ho disturbato molte persone alla ricerca di pettorali per gli amici e adesso che siamo in molti ... come faccio a mancare? Da verificare se posso correre e quanto a lungo. Fossi schiavo delle mie paranoie agonistiche avrei già rinunciato. Ho un mese per recuperare completa salute e un minimo di condizione. Devo solo convincermi di fare una passeggiata e godermi la festa.

Quante altre volte mi è andata bene? La più fortunata nel 1992 quando corsi i CdS di Corsa Campestre nell'ippodromo di Agnano a Napoli, per buona parte sullo stessa pista dove fino a poco prima avevano corso i legittimi utenti, ovvero i cavalli. In gara mi accorsi di avere perso un appoggio su di una zolla basculante sollevata da potente zoccolo. Al momento non ci pensai, ma già nel viaggio di ritorno in treno fui costretto a indossare le ciabatte perché la fascia plantare pulsava troppo dentro la scarpa. Nei giorni successivi si gonfiò molto l'inserzione nel calcagno, ma riuscivo a correrci sopra. Feci anche un'ecografia presso eminente primario radiologo che non vide alcunché. Continuai quindi a correre senza pensarci più di tanto.
Un paio di mesi dopo, al ritorno dal Campionato del Mondo di Corsa Campestre a Boston USA, procedetti con una visita ortopedica per la costruzione di un plantare personalizzato. Avendo il medico la sonda dell'ecografo in mano per il controllo dei tendini di Achille, chiesi se poteva verificare anche l'inserzione della fascia plantare del piede sinistro. "Che bella cicatrice!" mi disse. Ormai lo stiramento si era riparato da sé.

sabato 12 marzo 2011

Grandi blogger del passato (1)

Ormai può sembrare strano, ma ci fu un tempo in cui la comunità internazionale di letterati e di studiosi, oltre a pubblicare libri e riviste (abitudine ancora in uso), scriveva con penna su carta per tenersi in contatto e condividere le idee. Oggi abbiamo a disposizione molti strumenti per cui spesso è sufficiente scegliere il canale più consono e ogni tanto penso a cosa sarebbe successo se un mezzo come questo blog fosse stato a disposizione in altri tempi.

Chi potrebbe essere stato un grande blogger?

Per stile di vita, modalità di scrittura, relazioni sociali e carattere penso che fra i top ci sarebbe stato Friedrich NIETZSCHE (1844-1900). L'occasione del primo incontro fu durante le ore di Storia della Filosofia al liceo e cominciò anche l'approfondimento perché come testo integrativo al manuale di G. REALE e D. ANTISERI fu adottata una sua antologia da varie opere, che si dipanava soprattutto tra i frammenti postumi. Dopo la maturità rimase l'interesse - perché Friedrich non lascia indifferenti - più in forma di eco della memoria, ogni tanto rinfrescata da articoli di giornali e rimandi vari. Finché quindici anni dopo il diploma mi sono imbattuto nella biografia di Massimo FINI, acquistata d'impulso durante un passaggio in libreria. Rispetto alle esposizioni specifiche la lettura è facilitata da uno stile descrittivo quasi giornalistico, animato dall'antico amore dell'autore verso uno dei suoi riferimenti culturali. Frequenti citazioni e ricca bibliografia per chi volesse andare oltre.

Perché mai NIETZSCHE avrebbe potuto essere un grande blogger?

Dopo i brillantissimi studi universitari in filologia Friedrich iniziò la carriera di insegnante universitario, presto abbandonata per dedicarsi al libero pensiero, tanto raccolto nei testi citati all'interno dei manuali di filosofia e tanto tratteggiato in frammenti che non riuscirono a strutturarsi nei libri sempre vagheggiati e che costituiscono la parte più discussa del suo lascito intellettuale. Per assurgere alla pubblicazione gli scritti dovevano essere riordinati e per diversi motivi NIETZSCHE non ne fu capace.

Perché non pubblicare subito un bel post con i pensieri fulminanti elaborati durante le quotidiane passeggiate?

Visse ramingo alla ricerca di una clima favorevole alla salute, in perenne difficoltà, e trovò un po' di sollievo vicino a St. Moritz per la stagione calda, finché non pensò di aver trovato la sua sede ideale a Torino, dove avvenne il definitivo crollo psichico. La mente implose. Sopravvisse undici anni in condizioni vieppiù degeneri, senza avere il conforto della grande attenzione che iniziavano a riscuotere le sue riflessioni, dopo aver passato decenni in difficoltà a pubblicare e a discutere i suoi pensieri anche con chi ben lo conosceva.

Quanti follower avrebbe avuto in vita invece dei tardivi seguaci se non postumi?

martedì 8 marzo 2011

Una generazione di giovani coraggiosi (2) - Ian STEWART

...   continua   ...

"YOUNG GUTSY PEOPLE" potrei tradurre in slang americano. Il coraggio descritto da gutsy viene dalle interiora del corpo, come se il fegato ne fosse davvero la fonte, ed è molto legato all'immagine di Steve PREFONTAINE, tanto utilizzata da NIKE, che diceva "I am going to work so that it's a pure guts race. In the end, if it is, I'm the only one that can win it". Per cui Steve poteva essere definito "gutsy, even if not so much talented".

I protagonisti erano giovani perché difficilmente si concedevano extra time oltre al periodo scolastico o al primo periodo della maturità. Torniamo indietro di un decennio e prendiamo uno dei grandi fenomeni delle Olimpiadi di Roma.
Herb ELLIOT a 22 anni aveva vinto quello che c'era da vincere per un australiano (Giochi del Commonwealth 1958 e Olimpiadi 1960) e deteneva i record del mondo dei 1500m e del miglio. Cosa altro fare? Terminare gli studi e vivere la vita.


Il coetaneo neozelandese Peter SNELL apparve direttamente a Roma per vincere gli 800m e attese altri 4 anni fino a Tokio per completare e ampliare il filotto fra record e ori (doppiette 880y-miglio Giochi del Commonwealth 1962 e 800-1500m Olimpiadi 1964) - su YouTube si trovano tutti i relativi video.

Esempi troppo esotici e remoti? Troppo romantiche le piste in terra rossa? Il manto gommoso fece il suo esordio internazionale solo alle Olimpiadi di Città del Messico 1968. RLQ ha sempre rimpianto che per pochi anni non si siano incrociati Herb ELLIOT, Peter SNELL e Jim RYUN (altro giovane senza paura) : il record del mondo dei 1'500 avrebbe potuto arrivare a 3'30" venti anni prima che Steve CRAM abbattesse la barriera durante l'epico duello con Said AOUITA (Nizza FRA 16/07/1985).

Mi ero ripromesso di portare in evidenza personaggi meno noti e uno in particolare mi è stato segnalato da mio fratello Matteo qualche mese fa. Trattasi di Ian STEWART (15/01/1949) che a 21 anni aveva già vinto sui 5'000m sia i Campionati Europei di Atene 1969 che i Giochi del Commonwealth 1970 che si sono tenuti a Edinburgo nella natìa Scozia. Le sue volate hanno ravvivato la storia del mezzofondo britannico, dopo un periodo grigio seguito ai fasti degli anni 50 con Roger BANNISTER (il primo ad abbattere la barriera dei 4' nel miglio) e Derek IBBOTSON. Guardare come due scozzesi si siano permessi di staccare il grande Kip KEINO (che aveva appena vinto i 1'500m) con una volata che li portò a ridosso del primato del mondo (13'22"85 vs. 13'16"6).



Dove si trovano adesso due bianchi europei della stessa nazionalità che si giocano l'oro sui 5'000m in una grande manifestazione mondiale sui ritmi da 12'45"? Improponibile?
Alle Olimpiadi di Monaco Ian trovò la strada sbarrata dal coetaneo Lasse VIREN e dal maturo 34enne tunisino Mohammed GAMMOUDI che si portò a casa la sua ultima splendida medaglia, riuscendo a salire sul gradino basso del podio dopo aver infilato lo stramazzante Steve PREFONTAINE.

...   continua   ...

PS 2014/01/08 i video si perdono in YouTube! in parziale (e più ampia) sostituzione del secondo c'è questo splendido riassunto delle finali di 3M/5k ai Giochi del Commonwealth: Ian STEWART arriva dopo 5'15"


domenica 6 marzo 2011

w09/2011 - ginocchia che reggono

L'esito della RMN è chiaro e rassicurante: ossa OK, menischi OK, legamenti OK, tendini OK, cartilagini quasi OK. Eppure c'è "edema del pivot centrale" e "versamento articolare" senza aver subito distorsioni o altri traumi. Come mi sono fatto male? Non c'è stato un momento preciso: dalla Montefortiana (23/01) ho cominciato a patire molto, in gara e negli allenamenti successivi, ma la sofferenza sembrava limitarsi alla muscolatura. Ho continuato a ripetermi: passerà, è sufficiente non fare cose strane. Poi ho corso la campestre a Pescantina (06/02), vissuta con grande soddisfazione per le rinnovate sensazioni positive in gara. Nei giorni successivi si è sempre più definito il blocco del ginocchio sinistro, ma sembrava ancora gestibile, ci correvo sopra, fino al momento di smarrimento della sindrome influenzale. Sono tornato a correre con sempre maggiore difficoltà fino al fermo definitivo di dieci giorni fa, quando ho corso tranquillo su ritmi di maratona e sono rientrato a casa definitivamente azzoppato. Dopo aver analizzato l'esito della RMN conviene rimanere a riposo per non dilatare i tempi del riassorbimento.
Non ho mai avuto grossi problemi alle ginocchia e sono contento di verificare l'integrità delle strutture, in quanto più di qualcuno mi aveva già anticipato possibili lesioni. Come sono riuscito a farmi male? Posso pensare che le tensioni muscolari, pur gestite con cautela in allenamento, si siano ripercosse sull'articolazione, sovraccaricandola e destabilizzandola.
Un qualcosa di simile mi accadde nell'estate del 2008 a un'altra articolazione, la caviglia destra, che cominciò a farmi male appena tornato dalle vacanze in montagna dopo Ferragosto. Non riuscii a fare nessun frazionato e nessun lavoro specifico al di fuori di due mezze concluse in 1h11'-12'. Poi a Berlino corsi il personale di 2h28'06". Il recupero della caviglia costrinse tutto il corpo a recuperare: da allora mi convinsi che 500km/mese mi recano danni e decisi di mantenermi attorno 400km/mese, meglio qualcosa in meno che qualcosa in più.
La settimana entrante sarà decisiva: se torno a correre con regolarità e in equilibrio, sarò di sicuro in partenza a Londra. Se continuo a patire in modo esagerato e ad aver bisogno di riposo, allora comincerò a pensare se vale la pena. Test decisivo alla StraVicenza fra due settimane sulla distanza di 10km. Organizza la mia società Atletica Vicentina per le strade del capoluogo di provincia.

giovedì 3 marzo 2011

Sono forti sti americani (1)

Pete Magill
Pete Magill? Chi è costui? È un brillante 49enne statunitense che si è posto l'obiettivo di essere il primo 50enne a scendere sotto i 15'00" sui 5km. Per adesso ci è arrivato vicino e attende il prossimo compleanno (19 giugno) per entrare nella sesta decade e finalmente tentare di abbattere il muro in gara certificata su strada e non su pista. Cosa c'è di strano? È iniziata per tempo la campagna di comunicazione di cui arrivano gli echi fino a Runner's World dell'undici gennaio (visibile a metà raccolta) e del nove febbraio (terzo abstract dall'alto). Per chi lo vuole osservare in azione c'è il video dei campionati master USA di inizio febbraio, stravinti, anche per ammirare la splendida location nel parco a Mission Bay (San Diego CA) con tutte le categorie in sequenza (junior, master, open) e per stupirsi della sufficienza con cui è stato prodotto l'evento, gara assoluta compresa.

In quale altra parte del mondo un'intenzione di questo genere riceverebbe tanta attenzione? Solo nel paese che ha inventato la categoria master. Gli age group già esistevano, ma nel 1987 successe che due alfieri del fondo USA nel mondo, Frank SHORTER e Bill RODGERS, arrivarono a quaranta anni ancora in condizioni performanti e continuarono a sfidarsi anche nelle gare di categoria. Che invenzione per la comunicazione! E i due attirarono l'attenzione che prima non c'era.

In Italia avremmo potuto fare molto meglio se nel 1999 avessimo potuto riunire in gara Orlando PIZZOLATO (30/07/1958), Alberto COVA (01/12/1958) e Gelindo BORDIN (02/04/1959) che distano anagraficamente poco più di 8 mesi. Purtroppo avevano già desistito dall'agonismo 5-10 anni prima. Un po' come successe a Bill con Frank, Orlando avrebbe potuto prendersi le rivincite degli anni precedenti in cui più volte ha subito da Alberto e Gelindo, specialmente in volata.

Monaco 1972 - finale 10'000m
Per la buona riuscita dell'impresa nessuno avverta Miruts YIFTER perchè, dopo aver acclarato la data di nascita e verificato lo stato di forma, potrebbe essere il primo settantenne a scendere sotto i 15'. Ora ci stupiamo dei giovani africani, allora fu questo spelacchiato etiope nell'intorno dei quaranta anni a schiantare tutti alle Olimpiadi di Mosca su 10'000m e 5'000m, aggiungendo due eccezionali candeline su un decennio di grandi risultati, cominciato con una medaglia di bronzo in quei 10'000m alle Olimpiadi di Monaco 1972 già analizzati per altri versi. Ebbe inoltre la grande pazienza di aspettare il suo turno olimpico dopo aver patito il boicottaggio di quasi tutti i paesi africani alle Olimpiadi dei Montreal 1976, dove Viren ebbe facilitata l'impresa di ripetere la doppietta di quattro anni prima. Nel frattempo aveva spazzolato i Giochi Africani e due edizioni di Coppa del Mondo, allora ben frequentate quando gli appuntamenti non erano così inflazionati come oggi.


martedì 1 marzo 2011

Una generazione di giovani coraggiosi (1) - Emiel PUTTEMANS

Recupero una comunicazione di quasi due anni fa che ho fatto girare via mail fra gli amici. Riprendevo allora un bel post di Orlando PIZZOLATO (visibile nella sua interezza in archivio) per fare alcune considerazioni personali sul suo incontro col belga Emiel PUTTEMANS.

Un altro podista che teneva ritmi terribili nella corsa “lenta” era Emiel Puttemans. Avevo incontrato questo belga, molto forte nei cross e nelle gare indoor, in raduno a Tirrenia. Gli aneddoti che circolavano riguardo tale podista erano tanti, tutti inevitabilmente “terribili”. Si diceva che corresse piano solo il primo chilometro, a 3’40”, e poi tutti gli altri erano decisamente più svelti. Con tali presupposti nessuno voleva correre con lui, ma tutti eravamo un po’ incuriositi di verificare le dicerie nei suoi confronti. In quel raduno, che risale all’inverno 1979, si era deciso di uscire con lui per una tranquilla seduta pomeridiana in pineta (al mattino si era tirato un po’ ma senza eccedere; era una giornata di mezzo carico).
In sua compagnia corremmo per mezzo allenamento perché mano mano che passavano i chilometri l’atmosfera si faceva pesante. La situazione era degenerata anche a causa delle continue alternanze di posizione: a correre con lui eravamo una quindicina di podisti (c’erano anche altri belgi, francesi e spagnoli) e siccome la strada in pineta era stretta, contorta ed il fondo presentava buche, radici e pigne, ogni tanto si perdeva terreno, altre volte si accelerava e questo andirivieni aveva acceso le polveri. Io mollai dopo una decina di chilometri, quando correvo ad impegno da corsa media; sarei potuto arrivare alla fine con il gruppo, ma lo sforzo era eccessivo. Quell’allenamento finì in pista con una frazione di 2 chilometri percorsi in 5’53”.
La supremazia di Puttemans, che negli allenamenti in pista girava anche a 2’35” al chilometro, rompeva un po’ le scatole a tutti e la soddisfazione che volevamo prenderci era programmata di lì a poco. Una volta ci organizzammo per “fargliela pagare”. Attendemmo che lui facesse un allenamento tirato in pista, di quelli appunto da 2’35/40” al chilometro e all’indomani, quando lui doveva/voleva fare una corsa di rigenerazione, ci preparammo in maniera adeguata. Quella mattina mi batteva forte il cuore ed avevo le mani sudate quando ci ritrovammo alla pista del centro Coni per fare lo stretching pre-allenamento. All’uscita dal centro percorremmo il primo chilometro, lasciando lui davanti come sempre, al passo di 3’48”, e quando imboccammo il vialetto della pineta, impercettibilmente aumentammo l’andatura di corsa un po’ alla volta. Verso il 3° chilometro già si andava a 3’30” circa, che diventò approssimativamente 3’20” al giro di boa del circuito, quando transitammo per un tratto di strada asfaltata. Il ritorno si corse al ritmo del corto veloce (3’10/15”) e solo quando la nostra vittima, che per un bel po’ era stato al gioco, si staccò di qualche metro, ci fu chi infierì sul “moribondo” staccandolo brutalmente. Io avevo mollato un po’ prima, ma arrivai al centro Coni prima di Puttemans perché ad un certo punto lo superai quando proseguiva imballato.
Il giorno dopo il nostro mal di gambe per lo sforzo sostenuto ci indusse a correre per conto nostro. Ci riferirono che quella mattina Puttemans chiese di noi prima di uscire ad allenarsi. Disse che si era accordato per correre in nostra compagnia!

Bravo Orlando! Ci hai offerto un aneddoto simpatico e istruttivo che commentavo ai miei amici in questo modo.

Il racconto di Orlando è molto interessante perché descrive come possa essere stimolato giorno per giorno (per Emiel più volte al giorno) il meccanismo aerobico. Se la brillantezza del momento lo consente, anche la corsa di rigenerazione può diventare una progressione dalla corsa lenta alla soglia aerobica fino a quella anaerobica: per Emil una bella spazzolata da 3’40” fino a sotto 3’00”/km. Ognuno faccia le debite proporzioni con la potenza del proprio motore e potrà utilizzare lo stesso strumento. Altro particolare interessante che viene descritto e distingue il campione è la capacità di sopportare grandi carichi di lavoro ravvicinati che, adeguatamente recuperati, producono poi grandi risultati. Questa è la stratosfera dell’atletica. Noi corriamo con i piedi per terra.

Erano passati alcuni anni dal picco glorioso del settembre 1972 quando la forma era così smagliante da portarlo all'argento sui 10'000m alle Olimpiadi di Monaco (03/09), immediatamente in scia al finnico Lasse VIREN (WR 27'38"35 vs. 27'39"58), e a due record del mondo in successione sui 3'000m 7'37"6 (Aarhus DEN 14/09) e dei 5'000m 13'13"0 (Bruxelles BEL 20/09); ma Emiel si manteneva bene nel tempo e arrivò sotto le 2h10' in maratona nel 1982 alla buona età di 35 anni.


Al di là di aneddoti e delle note statistiche di circa 40 anni fa vediamo di ripercorrere alcuni punti significativi, magari meno noti, di quel periodo in cui si diffuse in tutto il mondo l'interpretazione moderna del mezzofondo per merito di una generazione di giovani coraggiosi.

Se si entra in YouTube per guardare i 10'000m (devastante il primo giro in 60"!), non si possono perdere i 5'000m (Emiel solo 5° nella seconda opera d'arte tecnico-tattica di Lasse VIREN). Quanti anni avevano i protagonisti? PUTTEMANS a 25 anni era fra i più vecchi. Stessa età per Frank SHORTER USA (che vincerà la maratona pochi giorni dopo). Lasse VIREN, Dave BEDFORD ENG, Ian STEWART SCO avevano 23 anni. Steve PREFONTAINE USA addirittura 21. Solo per nominarne alcuni.
 Se poi scendiamo ai 1'500m troviamo 24enni come il vincitore Pekka VASALA FIN e Brendan FOSTER ENG, 23enni come Mike BOIT KEN e un 22enne Rod DIXON NZL (vincerà NYC marathon 1983 in 2h08'59"). Tutti assieme sembravano i cuginetti del maturo 32enne Kip KEINO KEN, già allora una leggenda non solo nel suo paese, e vincitore in quella stessa olimpiade dei 3000 siepi.

...   continua   ...
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