Spesso trascurato nei bignami della fisica, forse perché faticava - lui per primo - a credere in quello che scopriva, forse perché tedesco e integro fino all'osso (generoso nei modi, duro nella lingua, melodioso nella musica), Planck sta nell'Universo con una costante degna della gravitazione universale e della velocità della luce ...
Quando atomo era una parola greca ancora vuota e l'etere permeava tutto da duemila e tanti anni, riuscì a riempire una curva continua come la radiazione di Hohlraum (*) ipotizzando energia a pacchetti, un tanto a frequenza e in mezzo una costante, mescolando termodinamica statistica ed elettromagnetismo classico: un quanto, come lo definì poi Einstein fra sviluppo e sostanza della teoria premiata dal Nobel (1921 per questo, 1918 per quello).
E zio Max ricambiò la cortesia, battezzando Relatività quella che Albert voleva chiamare Teoria degli Invarianti (o degli Assoluti) com'è davvero. Li ha ospitati tutti nella sua casa di Berlino, per quarant'anni in cattedra di Fisica Teorica all'università fra Kaiser e Führer: in mezzo una guerra, un periodo disperato per la Germania e drammi personali a chili.
Prima della Seconda si staccò dal regime, pronto a perdere la Guerra per assenza di fisici oltre che di soldati, e meritò di sostituire Kaiser Wilhelm nella denominazione della Gesellschaft, la Royal Society tedesca di cui fu presidente fino all'ultimo.
(*) mal tradotto in Corpo Nero che tutto assorbe e tutto emette, quasi come il Sole o il Big Bang per quel che ne resta con la radiazione di fondo
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