Mi sono sintonizzato con lo stile e gli argomenti di Pietro TRABUCCHI in anni di lettura dei suoi articoli su CORRERE. Il libro è bello, molto bello quanto utile. Ben argomentato senza essere troppo appesantito dalle citazioni con i riferimenti in calce. Poi alla fine di ogni capitolo c'è un comodo riassunto dei "punti chiave".
Mi sono promesso di rileggerlo dopo la conferenza con Bruno BRUNOD (vd. post 07/01) e mi sono ricordato perché non avevo fatto il resoconto. Da una parte con la presentazione del libro ero andato lungo, troppo lungo (vd. post 08/04/2012), dall'altra mi era rimasto un retrogusto sgradevole, quello che supero girando pagina a ogni articolo su CORRERE e qui non potevo evitare.
Questo libro è dedicato agli atleti delle squadre nazionali di ultramaratona. Queste donne e questi uomini lavorano silenziosamente, non godono di visibilità sociale, né di riconoscimenti economici. Eppure il loro impegno è straordinario, la loro resilienza è leggendaria, le loro storie ci insegnano molto sulla forza della motivazione umana ...
Questo è l'incipit del video inglobato nel post 08/04/2012. Bello, molto bello quanto lungo. Che fa venire voglia di leggere il libro. Il mio problema è la falsariga: raccontasse Pietro la sua versione e le storie dei suoi pupilli, andrebbe tutto bene e l'applauso sarebbe corale. Invece è un continuo confronto con quella che pensa essere l'opinione corrente che applaude e paga prestazioni diverse da quelle a lui care, sia per interesse sportivo che per quello professionale.
Mi ero perso il suo lungo periodo di psicologo delle Squadre Nazionali di Triathlon e l'anno scorso ho detto al mio amico Sergio, allora CT della FITRI (vd. post 23/07/2012), della presentazione e del libro. "È vero che parla male del Triathlon?": non ero ancora arrivato a pagina 51 dove è raccontato senza cattiveria un episodio non molto edificante a supporto della teoria sull'automotivazione. Niente di grave, eppure ha sollevato fastidio.
Come nella nota in calce a pagina 134, nel capitolo sull'impresa del Kilimanjaro. "Nel 2011 questo record è stato battuto dal giovane spagnolo Kilian Jornet Burgada. I tempi cambiano, entrano in gioco veri professionisti, iper-organizzati e sostenuti da media e sponsor. Lo spagnolo ha dichiarato in varie interviste di ispirarsi a Bruno, che per lui rappresenta un punto di riferimento eroico."
Chi ha dubbi sull'affetto di Kilian per Bruno (vd. post 07/01)? C'è solo nei miei occhi la punta di invidia per il concorrente che ha avuto più supporto del suo atleta? Quella che non c'è nelle parole di Bruno (vd. post 07/01) che arrivano all'utente 10, 100 volte di più rispetto a quelle che Pietro ha riservato in fondo al suo video di quasi 10': chi avrà avuto la pazienza di aspettare dopo aver superato la prova dell'asino?
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